Condividere la crescita
Gruppi di adolescenti off/online tra risorse e rischi evolutivi
Dal web alle relazioni materiali, dalla condivisione di un interesse primario a forme di mutuo aiuto su un disturbo comune, sono tante le caratterizzazioni che può assumere il gruppo di adolescenti.
L'appartenenza a un gruppo spontaneo di coetanei è un elemento fondamentale dell’adolescenza. La gruppalità adolescenziale ha il compito di rendere pensabili le difficoltà della crescita, sostenendo la trasformazione del Sé infantile in Sé adulto e contribuendo alla costruzione dell’identità e alla definizione di ruoli, valori e ideali condivisi.
Il gruppo di adolescenti funziona come un traghetto che aiuta il ragazzo o la ragazza ad affrontare la transizione fra il territorio originale dell’infanzia, dove ha vissuto sino ad allora e dove ha lasciato le proprie certezze, e il mare aperto dell’adolescenza, dove dovrà affrontare nuove sfide. Durante l’adolescenza, l’investimento su di sé è centrale, ma è il senso del noi a diventare sempre più significativo. La funzione di accomunamento e di appartenenza ha un importante effetto lenitivo riguardo alla solitudine derivante dalla separazione dagli investimenti infantili. Il gruppo è un nuovo oggetto in grado di offrire un terreno comune su cui sperimentarsi nella crescita e assume un forte potere orientativo rispetto alle scelte e alla costituzione di valori che aiutano a diventare dei nuovi soggetti adulti.
L’IMPORTANZA DELLO SGUARDO DEGLI ALTRI
È per queste ragioni che gli adolescenti investono molte energie nel dedicare estrema cura e attenzione alla qualità, al benessere e alla vita del gruppo, potenziando le caratteristiche dei vincoli che lo costituiscono, quali lealtà, affetto e identificazione. I diversi gruppi giovanili rispondono al bisogno di condividere e affrontare i cambiamenti e le sfide tipiche dell’adolescenza garantendo sostegno, condivisione, rispecchiamento e la possibilità di far fronte alle proprie questioni evolutive in una dimensione di tolleranza, condivisione e non solitudine.
Gli adolescenti odierni, figli della famiglia affettiva, sono stati bambini cresciuti in costante contatto con madri “virtuali” che, grazie al cordone ombelicale costituito da cellulari e Rete, erano sempre connesse e presenti con la mente, anche se lontane con il corpo. Si tratta di ragazzi che conoscono il mondo dei coetanei fin dall’epoca del nido, cresciuti all’interno di contesti famigliari in cui provare noia e solitudine è quasi impossibile a fronte delle molteplici attività extrascolastiche tra pari in cui si è coinvolti fin da piccoli.
Il vincolo con i coetanei nasce quindi molto presto, per ragioni che vanno al di là dei bisogni e delle intenzioni dei bambini e rappresenta un sodalizio a cui si abituano così tanto da non poterne farne a meno. Confrontarsi e affidarsi agli altri allontana dal rischio di rimanere soli e privi del rispecchiamento necessario per sentire di aver valore. Avere a disposizione lo sguardo degli altri e la certezza di essere presenti nella loro mente è fondamentale per adolescenti nati in un clima ad alta densità affettiva che ha messo al centro la loro unicità. Lungo la strada della crescita ci si può imbattere in difficoltà che esitano in veri e propri stalli evolutivi. Rivolgersi ai coetanei può essere fisiologico e sicuramente in linea con l’importanza che assumono le relazioni tra pari in questa fase di vita, nella quale per costruire la propria soggettività bisogna differenziarsi e separarsi simbolicamente dalle figure di identificazione primaria.
Tuttavia, un altro elemento che spinge l’adolescente a rivolgersi altrove è la paura di deludere e spaventare adulti di riferimento percepiti come troppo fragili e inetti a contenere un dolore che rischierebbe di diventare simbolo della loro inadeguatezza e del fallimento in un ruolo (di genitore, insegnante, adulto) sempre più vissuto come termometro del proprio valore. Da quando diventare genitori più che un destino è una scelta, svolgere tale compito ha assunto un forte impatto sul proprio narcisismo. Sentirsi dei bravi genitori influisce sul proprio senso di adeguatezza molto più che per le mamme e i papà di un tempo. Nel migliore dei casi, il gruppo, come avviene per le relazioni amicali duali o per le relazioni di coppia, può assumere una funzione salvifica, in grado di consentire la ripresa del percorso evolutivo interrotto. In altre situazioni, la solitudine nell’affrontare ciò che più coinvolge e preoccupa l’adolescente può essere rischiosa tanto quanto imbattersi in gruppi disfunzionali che finiscono con l’assumere una funzione antievolutiva.
DALLE PIAZZE REALI ALLE PIAZZE VIRTUALI
È abbastanza raro che un gruppo spontaneo di adolescenti nasca appositamente in funzione di un’unica difficoltà condivisa, come accade nei gruppi di muto aiuto. È assai più frequente che, in gruppi formatisi a fronte di affinità e d’interessi comuni, si condividano, in un secondo tempo, le medesime e diverse difficoltà della crescita. Viceversa, all’interno del web, è possibile che nascano gruppi di adolescenti che si costituiscono proprio a partire da una specifica questione evolutiva vissuta come insormontabile.
La condivisione esplicita delle difficoltà è tendenzialmente più frequente tra ragazze, o all’interno di un sottogruppo ristretto di persone dalle quali ci si sente profondamente compresi, accolti e rispecchiati. La possibilità di creare o mantenere relazioni con i propri amici si è spostata dalle piazze reali a quelle virtuali. Smartphone e computer rappresentano una palestra sociale dove allenare nuove competenze relazionali: sono lo strumento di supporto in grado di soddisfare l’esigenza evolutiva di socializzazione, consentendo, da una parte, di esprimere la propria identità sociale in Rete e, dall’altra, di osservare e controllare l’identità sociale di altri membri della stessa. Lo sguardo sulle vite degli altri diventa un termometro con cui valutare se e come si sta proseguendo lungo il sentiero della propria crescita.
In Internet è molto frequente trovare gruppi di ragazzi che nascono e si costituiscono a partire da un oggetto d’interesse comune e che prendono forma attorno a blog, chat di gruppo, forum. Oltre alla condivisione di passioni comuni, compito del gruppo può anche essere la condivisione di un tema e di interrogativi non esprimibili altrove. La possibilità di mantenere l’anonimato disinibisce e consente di condividere le proprie questioni più intime senza timore di essere giudicati.
Questi spazi virtuali consentono di sperimentare delle parti di sé nascenti, di confrontarsi con la crescita degli altri, di ricevere uno sguardo particolareggiato sul proprio modo di procedere nella formazione della propria identità.
Tali luoghi in cui sperimentare e integrare i diversi sé nascenti, rischiano talvolta di trasformarsi in spazi in cui si costruisce la propria identità polarizzando ed estremizzando quella parte di sé che ha ottenuto maggiori riscontri positivi e approvazione. In questi casi viene meno il potere del gruppo nel garantire riconoscimento, esplorazione e integrazioni identitaria, mentre prevale l’estremizzazione di un’unica parte di sé su cui collassa la propria rappresentazione identitaria.
Casi esemplari in tal senso sono tutti quei gruppi che nascono attorno alla manifestazione di un sintomo o di un disagio. Gruppi del genere rappresentano la sola offerta realistica in Rete per un adolescente alla ricerca di risposte a una difficoltà evolutiva ancora poco consapevole e ben lontana dall’essere strutturata sotto forma di pensiero coerente. In queste situazioni, bisogna distinguere casi in cui il processo di auto-aiuto si svolge senza problemi, da casi in cui il gruppo rischia invece di essere un catalizzatore per l’irrigidimento di alcune rappresentazioni disfunzionali di sé e della realtà.
Il motivo di questa complessità è da ricercarsi nel funzionamento stesso del gruppo virtuale, che risulta molto diverso da quello del gruppo reale. Lo spazio di un gruppo virtuale può apparire particolarmente amorfo e ambiguo, se confrontato con la solidità di un gruppo reale. Non ci sono voci, non c’è linguaggio del corpo, nessuno spazio fisico se non quello in cui si sta digitando. In e-mail e bacheche non esiste il senso del tempo, ogni comunicazione rimane visibile a lungo dopo essersi verificata, e può addirittura essere modificata in un tempo successivo.
Un tale spazio ha due caratteristiche fondamentali, che lo rendono unico e lo differenziano dallo spazio reale. In primo luogo le qualità sopra descritte ne fanno un terreno fertile per proiezioni e fantasie di ogni tipo. È molto facile, online, specie nella comunicazione esclusivamente verbale (forum, chat), inferire dati errati sullo stato mentale dell’interlocutore, dato che la maggior parte del materiale sociale va perduto. In secondo luogo, la Rete e i gruppi che si costituiscono possono essere utilizzati come grandi archivi in cui lasciare completamente da parte la relazione e immergersi invece nella ricerca di informazione. Così, un gruppo di auto e mutuo aiuto che nasce spontaneamente può essere, per alcuni adolescenti, occasione di confronto reciproco, per altri una lunga galleria di rappresentazioni a cui attingere, oppure ancora una lista di regolamenti a cui aderire senza discutere.
GRUPPI PRO-DISTURBO
Nel valutare la funzionalità o disfunzionalità evolutiva dei gruppi online in adolescenza, sarebbe rischioso concentrarsi unicamente sui contenuti che tali gruppi riportano ed escludere invece un’accurata analisi delle motivazioni, dei bisogni e delle modalità con cui essi sono prodotti e negoziati all’interno delle relazioni virtuali che si vengono a creare. I gruppi pro-ana (che incitano le ragazze a stare attente alla dieta, sin quasi a invitarle all’anoressia), e come questi tutti i gruppi pro-disturbo, hanno sicuramente il potenziale di raccogliere ragazzi e ragazze alla ricerca di una soluzione, proponendo come risposta la completa identificazione con il sintomo. La forza di tale proposta, però, deriva in gran parte dalla modalità relazionale (o sarebbe meglio dire “non-relazionale”) entro cui viene trasmessa. I gruppi online più pericolosi sono infatti quelli che non permettono la relazione, ma si strutturano intorno alla condivisione di pratiche. Per esempio, i gruppi pro-ana si basano quasi sempre su un set di regole od obiettivi (cosa si può mangiare e cosa no, entro quando raggiungere un determinato peso ecc.). Le interazioni al loro interno non riguardano quasi mai la negoziazione di tali regole, la natura delle emozioni ad esse legate o la sofferenza e le ragioni profondissime retrostanti al sintomo alimentare. Ogni partecipante, nel seguire in modo pedissequo la struttura proposta, è bisognoso di dimostrare agli altri la sua rigidità e fedeltà al “dio” dell’Ideale, e di ricevere approvazione dal gruppo in caso di successo. In caso di insuccesso, però, la mortificazione e l’umiliazione interne troveranno un’eco potentissima nella disapprovazione da parte del gruppo.
Tali dinamiche lasciano poco spazio alla differenziazione tra sé e altro, e trasformano l’altro in un semplice mezzo attraverso il quale è possibile o meno ricevere una soddisfazione narcisistica. È, questa, una caratteristica che si potrebbe definire “fisiologica” di alcuni tipi di interazione online anche decisamente più innocui, quali per esempio lo scambio di “like”. In tale logica, dove i regolatori emotivi mancano del tutto, la presenza o l’assenza del like, o più in generale l’approvazione o disapprovazione del gruppo, non arricchiscono l’individuo di nuovi oggetti interni, ma permettono semplicemente a quelli già presenti di strutturare interpretazioni della realtà sempre uguali, difficilmente dotate di valore trasformativo.
Soltanto nei gruppi online in cui si può effettivamente accedere a un livello relazionale più profondo è possibile sperimentare la necessaria gamma di vari Sé possibili, negoziare con l’altro le proprie rappresentazioni di un disturbo o di una difficoltà ed eventualmente leggerle sotto una nuova luce o trovare soluzioni alternative più adattive. È infatti decisamente possibile creare online legami altrettanto forti di quelli reali, e trovare occasioni di confronto su tematiche anche molto drammatiche. Esistono, ad oggi, alcuni gruppi online in cui è possibile parlare di suicidio e trovare un ambiente autenticamente supportivo, seppure non regolamentato e non regolarmente frequentato da esperti del settore.
FUORI DAL WEB, UNA VITA SENZA SCHERMI
Al di fuori della Rete, è di capitale importanza il ruolo della comunità educante nel prevenire i casi in cui i tentativi di auto-aiuto possono esitare in autodistruzione. Spesso spaventati da una Rete che i mass media vogliono quasi sempre pericolosa, nel migliore dei casi inutile, alcuni adulti rischiano di non valutare realisticamente il possibile effetto di una frequentazione assidua di gruppi online in cui sia possibile parlare di temi “pericolosi”. Così, in tanti casi, si preferisce tentare di nascondere il problema, vietando, controllando e bandendo. Questo tipo di intervento educativo, oltre a contrastare con le regole della famiglia affettiva, che di solito preferisce la comprensione al divieto e l’ascolto alla punizione, ha in genere il solo effetto di rendere più sotterraneo un fenomeno a cui invece è necessario prestare adeguata attenzione.
Nei ragazzi si fa facilmente strada la tentazione di ricercare in Internet le risposte al proprio dolore e alle proprie vicende identitarie. I bisogni più tipicamente evolutivi spesso si intrecciano a vere e proprie espressioni di un disagio profondo. Internet accoglie anche queste realtà, dando risposte ai dubbi, alle incertezze e alle domande di tanti ragazzi, ma talvolta pure esponendo a gravi rischi. Per questo motivo è importante riuscire a mantenere aperto un canale di dialogo di cui gli adolescenti sentano di poter disporre. In adolescenza la famiglia non è, e non può essere, il solo ambiente in cui l’adolescente cerca e trova risposte e soluzioni al percorso della crescita, ma rimane un ambito in grado di influire fortemente sulle condizioni del figlio. In quanto tale, dovrebbe mantenersi aperta – malgrado la paura – ad ogni sua manifestazione di disagio e sofferenza.
La modalità di accompagnamento più adeguata si basa su un convinto e autentico interessamento per quanto accade o non accade, nella quotidiana realtà, anche virtuale, dei nostri giovani. La vera prevenzione al dolore del fallimento, della delusione e della vergogna che fanno inevitabilmente parte della vita dei ragazzi odierni è la possibilità di garantire risorse di ascolto e comprensione, all’interno di una relazione il più possibile scevra di angosce di ruolo. Consolidare la propria funzione in tal senso permette al figlio in crisi di chiedere aiuto, volgendo lo sguardo alla ricerca del supporto di un adulto, certo non deluso, ferito, spaventato o inutilmente autoritario, bensì autorevole e competente.
Carmen Giorgio, psicologa e psicoterapeuta, svolge attività di ricerca e consultazione psicologica, dedicando specifica attenzione all’età evolutiva e al tema della relazione fra adozione e Internet.
Riccardo Calandra è psicologo e psicoterapeuta in formazione. Svolge attività di ricerca, in particolare sulla relazione tra adolescenti e futuro.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Lancini M. (a cura di, 2019), Il ritiro sociale negli adolescenti. La solitudine di una generazione iperconnessa, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 276 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui