Da vittima ad aggressore
Talvolta rispondiamo a violenze subite da piccoli infliggendole ad altri quando diventiamo grandi. In casi del genere la psicoterapia lavora sull'origine di questa sorta di vendetta indiretta.
Alex, 18 anni, è in carcere da circa un mese per aver violentato una bimba di 7 anni, figlia dei gestori della casa famiglia in cui era stato accolto. «Non so cosa mi è preso» lamenta ora Alex con un filo di voce, i gomiti poggiati sulle ginocchia, la testa fra le mani e un’espressione sconsolata sul volto. «Loro sono stati buoni con me e io non volevo fare del male alla piccola... Bisogna essere pazzi per fare una cosa del genere. Mi vergogno molto per quello che ho fatto. Volevo bene a quella bambina... era piccola... fragile... si fidava di me». Racconta poi di pensare spesso a una ragazza più grande di lui, ospite a sua volta nella stessa casa famiglia, con cui gli piacerebbe andare a vivere un giorno: «Non so, però, se dopo quello che è successo mi vorrà ancora».
Alex dà l’impressione di un sonnambulo sballottato da una parte all’altra come un fuscello al vento. Un’impressione che corrisponde a quella che è stata la sua vita fino a questo momento. Alla nascita, il padre biologico se n’era già andato di casa. Durante la gravidanza la madre ha convissuto con un altro uomo che, nel riconoscerlo, gli ha dato il proprio cognome. Solo di recente, però, dopo l’arresto e l’entrata in carcere, Alex ha saputo casualmente che quell’uomo, che egli pensava fosse il suo vero padre, non è il suo padre biologico. Aveva poco più di un anno quando anche costui se n’era andato di casa, come il primo compagno della madre. «Sono stati gli anni migliori della mia vita, anche se mamma mi lasciava solo per intere giornate e io avevo paura dei ladri e del buio». Dall’età di 6 anni in poi, Alex e la madre si trasferiscono a casa del nonno materno: un uomo violento e irascibile che non solo lo picchia per un nonnulla, ma pure abusa di lui sessualmente.
A 11 anni Alex, non potendo più sopportare le angherie del nonno, fugge di casa. Da allora non rivede più la madre. Incontra qualche volta l’uomo che crede sia suo padre e con il quale cerca di stabilire una relazione da figlio a genitore. In quegli anni aveva un disperato bisogno di un adulto accanto a sé di cui potersi fidare, di un padre benevolo da cui farsi indirizzare. (CONTINUA SULLA RIVISTA...)
Questo articolo è di ed è presente nel numero 260 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui