Dal temperamento al carattere
Il carattere non è qualcosa di innato e immodificabile, tantomeno a un’età infantile. A plasmarlo contribuiscono anche l’ambiente e le esperienze.
La scena si svolge su una spiaggia affollata. Una bambina di circa 3 anni, seduta sotto un ombrellone insieme alla mamma, comincia a gridare, con voce sempre più alterata: «Lo voglio, lo voglio!». La mamma le risponde con voce pacata, ma non riesce a calmare la piccola, che continua a ripetere la sua decisa volontà di vedere soddisfatto il proprio desiderio per qualcosa che gli astanti non sono in grado di identificare. Improvvisamente la bambina corre in direzione opposta al mare, verso la strada, piangendo e urlando; la madre la rincorre e la raggiunge, scatenando una crisi di pugni e calci che la donna sopporta senza reagire. Con fatica prende in braccio la bambina che si divincola e, rivolta alle persone che le stanno guardando, dice ad alta voce: «È il suo carattere. È fatta così: non c’è niente da fare!».
La frase non testimonia solo il disagio di una mamma costretta ad affrontare in pubblico un comportamento che suscita facilmente una curiosità non sempre benevola, quando non un’esplicita riprovazione. Essa esprime anche una convinzione diffusa tra molti adulti, vale a dire l’idea che i bambini abbiano già a quell’età un carattere ormai stabilmente definito e che l’adulto non possa fare altro che prenderne atto e rassegnarsi. Questo convincimento, per quanto diffuso, non trova fondamento nelle conoscenze di psicologia dello sviluppo di cui oggi disponiamo.
Esso anzitutto confonde il temperamento con il carattere. Non è una questione nominale, ma di sostanza, che rimanda al tema più generale dei rapporti tra patrimonio biologico e ambiente, come vedremo tra poco. Il temperamento, infatti, non si identifica con un tratto di carattere ormai stabile, ma definisce un modo di porsi del bambino nei confronti dell’ambiente circostante a base biologica, individuabile già alla nascita. Come i genitori con più figli hanno spesso potuto autonomamente osservare, esistono neonati più attivi verso l’ambiente e più reattivi agli stimoli esterni. Tale reattività può dar luogo a reazioni oppositive e negative, come il pianto, in presenza sia di cambiamenti anche piccoli delle abitudini sia di situazioni frustranti, come un lieve ritardo nella poppata o nel cambio dei pannolini. Altri neonati sono invece più tranquilli e meno reattivi, mentre in alcuni queste caratteristiche sono accentuate fino alla passività.
Un altro tratto temperamentale identificabile assai precocemente è la maggiore o minore socievolezza verso gli altri, adulti e coetanei. Queste caratteristiche temperamentali di base non sono gli unici elementi in gioco nel costruire, negli anni seguenti, i tratti di carattere di un bambino o di una bambina. I tratti temperamentali interagiscono infatti fin da subito con l’ambiente in cui il piccolo vive, in un complesso intreccio di influenze reciproche: in concreto, anzitutto con il comportamento dei genitori, a sua volta influenzato dalle loro aspettative e convinzioni. Così, un maschietto particolarmente tranquillo e adattabile potrà venire apprezzato da una mamma e un papà che si sentono rassicurati dall’avere un bambino “facile” da allevare, ma non da un’altra coppia di genitori, che identifica l’essere maschio con un comportamento molto attivo, esplorativo e finanche aggressivo.
Ugualmente, le stesse caratteristiche di minore attività potranno essere molto apprezzate in una bambina, in accordo con un’immagine femminile più passiva, mentre potrebbero non essere accettate da un’altra mamma, per il timore che la bambina diventi una donna apatica e sottomessa. Il comportamento di questi bambini, lungo gli anni dell’età evolutiva, sarà quindi il risultato non solo del loro temperamento di base, riferibile al funzionamento biologico, ma anche della complessa interazione tra quest’ultimo e l’ambiente circostante; ambiente che dalla famiglia si allargherà prima all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia, poi ai diversi gradi del sistema scolastico. Sono quindi numerosissime le influenze ambientali che via via contribuiranno a plasmare quello che sarà il carattere dell’adulto.
Occorre considerare al riguardo che il cervello umano è dotato di una grandissima plasticità, come ci insegnano le neuroscienze; questa non solo permane per tutto il ciclo di vita, ma è massima nel periodo dell’età evolutiva in senso stretto, vale a dire dalla nascita alla prima giovinezza. Il cervello umano è infatti assai immaturo alla nascita e il suo sviluppo neurofisiologico giungerà a compimento solo molto lentamente, lungo gli anni della lunghissima infanzia che è caratteristica particolare e unica della nostra specie. Di conseguenza, per quanto le esperienze dei primissimi anni di vita lascino un segno ben rilevante, non si può certo ritenere che a 3 anni lo sviluppo del carattere sia compiuto e che “i giochi siano fatti”. Molte esperienze, negli anni seguenti e in ambienti diversi, daranno il loro contributo decisivo, modificando e indirizzando le tendenze temperamentali di base. In alcuni casi potranno anche stravolgerle; per esempio, un atteggiamento attivo ed esplorativo potrà essere molto limitato da un’educazione scolastica soffocante e repressiva. Analogamente, tratti caratteristici della prima infanzia, come l’egocentrismo e l’impulsività, potranno permanere e stabilizzarsi come atteggiamenti dominanti ben oltre tale periodo, in presenza di un’educazione permissiva e non autorevole.
A tutto ciò si deve aggiungere che soprattutto a partire dall’adolescenza lo sviluppo cognitivo consentirà al ragazzo e alla ragazza di intervenire attivamente nel modificare i propri atteggiamenti, grazie alle crescenti capacità di autoconsapevolezza e autoriflessione. Così, un ragazzo particolarmente reattivo e combattivo potrà riflettere su quanto gli altri non gradiscano sempre il suo comportamento, tendente a diventare facilmente aggressivo e prepotente, per modificarlo di conseguenza. Oltre alle disposizioni biologiche e alle influenze ambientali entra in gioco, quindi, anche l’azione dell’individuo, come conseguenza delle sue specifiche capacità cognitive, che proprio lungo l’adolescenza giungono a maturazione. Sono quindi molteplici i fattori che, nella loro reciproca e complessa interazione, intervengono a edificare lungo il tempo i tratti caratteriali di una persona adulta, e ampio spazio vi hanno quelli ambientali e la stessa azione dell’individuo.
Silvia Bonino è professore onorario di Psicologia dello sviluppo nell’Università di Torino. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo Amori molesti (Laterza, 2015).
Questo articolo è di ed è presente nel numero 279 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui