La nascita del primo figlio
Entrare nella dimensione genitoriale per ogni coppia è un passaggio decisivo. L’importante è che sulla maternità e paternità i partner non si appiattiscano trascurando gli altri aspetti dello stare insieme.
La nascita di un figlio è sempre un’esperienza carica di grandi emozioni e turbamenti, nella quale generalmente prevalgono sentimenti positivi come felicità, gioia e trepidazione, ma che a volte si accompagna anche a vissuti di incertezza e paura. In particolare, quando questa esperienza è vissuta per la prima volta assume caratteristiche di unicità e irripetibilità e determina dei cambiamenti di natura intrapsichica e interpersonale che nessun altro evento è capace di produrre, modificando per sempre la sensibilità, le priorità, i valori, le tendenze e i progetti dei genitori.
IL PASSAGGIO ALLA DIMENSIONE GENITORIALE
La riflessione scientifica in campo psicologico sulla cosiddetta transizione alla genitorialità è mutata nel tempo, portando gli studiosi e i clinici a interrogarsi sul significato che tale importante passaggio assume oggi per l’individuo, per la coppia e per l’intero sistema famigliare. Tra le dimensioni maggiormente investite dai mutamenti socio-culturali che hanno trasformato negli ultimi decenni le famiglie, sia nelle loro caratteristiche strutturali che nelle loro trame interne e relazionali, quella relativa alla generatività sembra una delle più complesse. A differenza di pochi decenni fa, oggi è intrinseca al passaggio dalla diade coniugale alla triade famigliare la componente di “scelta” ed è quasi un paradosso quello che caratterizza l’approccio delle coppie attuali alla genitorialità, le quali, come affermano gli studiosi, sono passate dal figlio biologico al figlio pianificato: da un lato, infatti, si assiste alla programmazione dell’evento nascita, che diventa uno fra i tanti obiettivi della coppia, e non sempre il primo in ordine di importanza; dall’altro, avere un bambino non rientra più nell’ambito del desiderio, ma con sempre maggiore frequenza è vissuto come un bisogno, andando a coincidere con il nucleo centrale della realizzazione personale di uomini e donne, sentito come indispensabile e da ottenere ad ogni costo. Dunque, un evento che per secoli è stato considerato imprevedibile, difficile da controllare e naturale si pone oggi sempre più spesso al centro di riflessioni, controlli, programmazioni, limitazioni o sollecitazioni.
Le priorità delle coppie, pertanto, sono cambiate, e soprattutto quelle delle donne, che attualmente tendono a ricercare una propria realizzazione personale in campi diversi da quello relativo alla maternità, fino a poco tempo fa, insieme al progetto matrimoniale, prevalente su tutto. Le ricerche dimostrano che, ancora oggi, per le coppie il progetto genitoriale è presente e perseguito, ma viene programmato e rimandato nel tempo: si registra uno spostamento in avanti dell’età media in cui la donna inizia la prima gravidanza, non perché non desideri diventare madre, bensì per via di un differente ordine nelle priorità rispetto agli anni passati. Recenti studi sulle famiglie a doppia carriera testimoniano come le donne continuino ad essere coloro che nella coppia attuano più rinunce, spesso abbandonando la carriera in favore della famiglia e dei figli, o comunque diminuendo gli impegni extradomestici e ritrovandosi spesso costrette a una difficile gestione degli impegni lavorativi e famigliari.
Anche la figura del padre è, da alcuni anni, oggetto di studi e ricerche, vista la rapida evoluzione che sta avendo rispetto al passato. Rollè et al. (2019) hanno recentemente ben descritto i mutamenti del ruolo paterno attraverso le diverse epoche storiche e le differenti culture, evidenziando come negli ultimi decenni i padri si trovino combattuti fra la tendenza a un’immagine tradizionale e una tendenza legata ai cambiamenti culturali a livello sia lavorativo che di ruoli di genere. I cambiamenti nell’universo femminile hanno prodotto quasi un controsenso per l’uomo, che sente di dover continuare a mostrare le caratteristiche psico-attitudinali dell’essere maschio, ma al contempo è impegnato nell’emanciparsi dagli stereotipi derivanti da tale condizione. Gli autori si soffermano su un importante aspetto che emerge nell’immagine del padre contemporaneo, relativo alla sfera dei sentimenti: il padre di oggi si consente di mostrare tenerezza e sensibilità poiché l’affettività non è più una competenza esclusivamente femminile.
Come tutti gli eventi importanti del ciclo di vita, anche diventare genitore comporta una crisi; per alcuni studiosi si tratta della più significativa crisi evolutiva dell’età adulta che consente all’uomo e alla donna di entrare nella linea generazionale, di sperimentare la possibilità di assumersi responsabilità, di prendersi cura. Il costrutto della genitorialità viene studiato a partire dall’epoca della gravidanza e le rappresentazioni mentali materne e paterne – ovverosia tutte quelle idee, fantasie, aspettative, speranze e paure che i futuri genitori hanno non solo riguardo al figlio in arrivo ma anche riguardo al rapporto con lui, al rapporto tra loro stessi e con i propri genitori – risultano fondamentali nel definire quale relazione verrà in seguito instaurata. Molto suggestivo, in tal senso, il concetto di «nidificazione psichica» (Darchis, 2009), che prevede una riorganizzazione intrapsichica e intersoggettiva indispensabile alla costruzione dello spazio mentale dei genitori – il nido, appunto – che, proprio come quello costruito sugli alberi dagli uccelli in previsione della cova delle uova, abbia caratteristiche di calore e morbidezza, ma anche di strutturazione e solidità che rendano possibile e sicuro il luogo mentale nel quale il bambino sarà accolto.
L'IMPOSSIBILITÀ DI AVERE FIGLI
Desiderare di avere un figlio è da sempre considerato naturale, scontato, previsto. In tutte le culture diventare genitore ha sempre avuto una valenza declinata su più livelli, da quello individuale al piano coniugale, fino all’intero sistema della famiglia estesa. L’arrivo di un bambino rappresenta la prova dell’unione tra i due coniugi, contribuisce al senso di appartenenza alla stirpe, rende possibile il fluire della continuità e della trasmissione fra le generazioni, tutti aspetti che rivestono questo evento di particolare significatività non solo per la coppia, ma per tutta la famiglia allargata, fortemente coinvolta nell’attesa e nell’assunzione di nuovi ruoli e funzioni.
Per queste ragioni, quando la transizione alla genitorialità viene intralciata da impedimenti, ritardi o addirittura viene negata, siamo di fronte a elementi di rischio e disagio. Nella maggior parte dei casi si tratta di problematiche di sterilità: il fenomeno, definito childnessess, riguarda le coppie che a causa di problematiche mediche o psicologiche legate alla procreazione non riescono, pur desiderandolo, ad avere un bambino. Si tratta di una condizione estremamente dolorosa, una diagnosi di infertilità può rappresentare infatti un’esperienza devastante nella vita dell’individuo e della coppia, paragonabile alle più gravi perdite e accompagnata da un’ampia gamma di emozioni riconducibili tutte a un vissuto di angoscia e di lutto. Nella nostra società sono frequenti per le coppie il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita, quando ve ne sono le condizioni, e/o il rendersi disponibili all’adozione, a conferma del fatto che accettare e rassegnarsi al non avere figli accade oggi sempre più raramente.
NON SOLO GENITORI
Notevoli e non sempre semplici da affrontare sono i mutamenti nella relazione tra i due partner all’arrivo del primo figlio: come afferma Andolfi (2015), i cambiamenti investono l’area emotiva, cognitiva e relazionale; gli aspetti legati all’intimità e alla passionalità devono essere preservati, ma allo stesso tempo è necessario ridefinire lo spazio di coppia in modo da accogliere il nuovo arrivato, modificando regole, abitudini, funzioni e priorità. La possibilità di affrontare con successo l’impatto che la nascita del primo figlio ha sull’intero sistema famigliare e, in particolare, sulla coppia, è fortemente connessa alle caratteristiche dell’unione coniugale precedenti all’arrivo del bambino: nella coppia armonica, dove gli elementi della complicità emotiva e della progettualità sono presenti e stabili, e dove i due partner hanno effettuato una soddisfacente individuazione dalle proprie famiglie d’origine, con un giusto equilibrio tra appartenenza e separazione, la nascita è accolta come un arricchimento della relazione stessa e la presenza del bambino non costituirà una minaccia all’intimità della coppia. Invece la coppia sbilanciata (conflittuale o instabile), caratterizzata da contrasti su vari livelli, mancata separazione emotiva dai nuclei famigliari di origine, esperienze traumatiche o, più in generale, avverse, in uno o entrambi i partner, è una tipologia di coppia che proprio per lo stato di incertezza e precarietà nella quale vive accoglie spesso la nascita come un evento talmente destabilizzante da non riuscire a riorganizzarsi e trovare un nuovo equilibrio che includa il bambino e le sue esigenze (Andolfi, 2015).
Secondo l’approccio evolutivo definito “life span psychology” la famiglia nella sua storia attraversa un vero e proprio ciclo di vita nel corso del quale evolve e si trasforma. La nascita di una famiglia e il dispiegarsi del suo ciclo vitale conducono a un movimento evolutivo e a una differenziazione del sistema famigliare in una serie di sottosistemi: il sottosistema coniugale, costituito dai due partner che formano la coppia; quello genitoriale, che vede i due partner nell’espressione della loro funzione di parenting; il sottosistema filiale, i cui componenti sono i figli, nella loro relazione con i genitori; e infine il sottosistema della fratria (ove ci sia più di un figlio), riguardante le relazioni dei fratelli tra di loro.
Il ciclo di vita famigliare, al pari di quello individuale, è scandito dai cosiddetti eventi critici, che implicano il passaggio da una fase alla successiva, dove ognuna di tali fasi prevede il riorganizzarsi dell’intero sistema famigliare e la creazione di un nuovo equilibrio relazionale che inglobi l’evento appena vissuto. Fra tutti questi eventi critici la nascita del primo figlio è certamente uno dei più complessi poiché implica un passaggio fondamentale per la coppia: al sottosistema coniugale si affianca – ma non si sostituisce – quello genitoriale. La nascita di un bambino convoglia tutte le attenzioni e le energie dei neogenitori nell’adattamento alla nuova presenza, con abitudini, routine e ritmi che vengono letteralmente sconvolti; tutto ruota attorno alle esigenze del piccolo, che diventano oggetto di attenzione, scambio e confronto sia tra i due coniugi che con le famiglie allargate e la rete amicale.
Nella naturale e indispensabile necessità di comprendere come meglio accomodarsi al nuovo assetto famigliare la coppia corre però un grosso rischio, che spesso è quello che la conduce verso una crisi tanto dolorosa quanto inevitabile se non si corregge presto il tiro. La potenza e l’urgenza della funzione genitoriale, infatti, spesso appiattiscono, sino a farla scomparire, l’area del “noi di coppia”, quello spazio, fatto di condivisione, intimità e passionalità, fondamentale per il benessere dei partner, i quali devono rimarcare i confini del sottosistema coniugale per evitare che sia invaso da istanze che con la coniugalità hanno poco a che fare. I terapeuti di coppia incontrano con grande frequenza nei loro studi coppie smarrite, arrabbiate e stanche che hanno appena attraversato l’evento critico “nascita del primo figlio” e che non riescono a ricordare quando è stata l’ultima volta in cui i due sono usciti da soli, hanno trascorso del tempo senza parlare del bambino, si sono concessi una piccola vacanza dalla genitorialità. Il benessere della coppia e anche dei figli sta proprio nel buon funzionamento di tutti i sottosistemi, far bene e insieme i genitori è strettamente legato allo star bene come partner, al potersi sentire uniti e complici in ogni caso, per motivi non necessariamente legati all’aver messo al mondo un bambino, complicità che questo nuovo evento dovrebbe rafforzare e non indebolire.
LA COGENITORILITÀ
Il concetto di alleanza genitoriale ha ricevuto crescente attenzione sin dagli anni Novanta a partire dai risultati di alcuni studi americani che dimostravano come nelle famiglie caratterizzate da un’alleanza forte e supportiva fra i genitori tutti i componenti risultassero meno stressati, maggiormente capaci di instaurare buone relazioni con il mondo esterno, più soddisfatti dei rapporti con i famigliari. Essere genitori insieme, esercitare dunque la cosiddetta cogenitorialità, non si riferisce però al fare tutto con il partner o al dividersi equamente i compiti e le responsabilità che accudire un bambino implica per madri e padri; si riferisce alla coordinazione, cooperazione e sostegno tra gli adulti impegnati nella cura e nella crescita dei bambini: questi tre compiti amplificano il livello della consapevolezza della coppia genitoriale su obiettivi e azioni comuni, da perseguire per il benessere dell’intero sistema famigliare, e risultano distinti da quello della coniugalità (Merenda, 2017).
Sembra dunque che diventare genitori, soprattutto per la prima volta, necessiti di un grande impegno da parte di entrambi i partner e che i livelli coinvolti nella riorganizzazione riguardino tanti altri aspetti oltre quelli puramente genitoriali. La comunicazione di coppia, la progettualità, l’armonia innanzitutto nella sfera coniugale, il giusto equilibrio con le famiglie d’origine sono solo alcune delle aree sulle quali concentrarsi e dedicarsi, non avendo paura a chiedere aiuto nel momento in cui ci si rendesse conto di non riuscire a mantenere la giusta serenità per vivere uno dei più intensi e meravigliosi sconvolgimenti che la vita può offrire.
LA DECISIONE DI NON AVERE FIGLI
Le società occidentali pronatalistiche incoraggiano ancora fortemente la riproduzione ed enfatizzano i valori della genitorialità; in molte culture ogni fallimento che può verificarsi in questa importante transizione è spesso interpretato come un comportamento deviante dalla norma e socialmente stigmatizzante, soprattutto quando il non avere figli non rappresenta una condizione subita ma attivamente cercata. È il caso delle coppie che, per scelta, rinunciano alla genitorialità, vivendo quella che alcuni autori definiscono “sterilità volontaria” o condizione childfree (alla lettera, “libera dai bambini”).
Si tratta di coppie che decidono di non avere figli per svariate ragioni: la letteratura internazionale ha individuato alla base della rinuncia volontaria alla procreazione problemi economici o difficoltà nella gestione del quotidiano; desiderio di non sacrificare la propria libertà e il livello di soddisfazione raggiunto nella coppia e/o nell’attività lavorativa; presenza di esperienze infantili sfavorevoli e timore di riattivarne i nuclei dolorosi e traumatici; volontà di mantenere uno stile di vita fondato sul disimpegno e sulla libertà sessuale. Di certo le ricerche dimostrano che, in generale, gli atteggiamenti childfree non devono essere letti come scelte superficiali e avventate, bensì come decisioni ponderate, a volte sofferte, visto lo stigma sociale cui soprattutto le donne sono sottoposte, e come componenti della struttura dell’identità personale e di coppia.
Alessandra Salerno, psicologa e psicoterapeuta, è professore associato di Psicologia dinamica all’Università di Palermo. Tra le sue pubblicazioni, Oltre il legame. Genitori e figli nei nuovi scenari familiari (con M. Garro, Franco Angeli, 2014).
Riferimenti bibliografici
Andolfi M. (2015), La terapia familiare multigenerazionale. Strumenti e risorse del terapeuta, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Darchis E. (2009), «L’instaurazione della genitorialità e le sue vicissitudini». In M. C. Zurlo (a cura di), Percorsi della filiazione, Franco Angeli, Milano.
Merenda A. (a cura di, 2017), Genitori con. Modelli di coparenting attuali e corpi familiari in Gestalt Therapy, Cittadella, Assisi.
Rollè L., D’Amico D., Patteri L., Brustia P. (2019), «L’evoluzione della paternità: vecchi padri e nuovi padri». In A. Salerno, M. Tosto (a cura di), Gli scenari della paternità nella psicologia contemporanea. Sfide, fragilità, orizzonti, Franco Angeli, Milano.
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