Luciano Di Gregorio

La psicoterapia psicoanalitica online

Setting, problematiche metodologiche e tecniche di intervento

Ad un anno circa dall’inizio dell’uso massiccio cui ha costretto l’emergenza sanitaria da covid-19, approfondiamo risorse e limiti della psicoterapia via web.

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La prima esperienza di psicoterapia online risale agli anni Settanta: negli Stati Uniti era stato messo a punto un programma denominato ELIZA che simulava una psicoterapia di sostegno. Ma è solo a partire dagli anni Novanta che la consultazione psicologica e la psicodiagnosi tramite computer diventano una pratica comune adottata da molti psicologi in diversi Paesi del mondo. In seguito, essa si sviluppa ulteriormente fino a includere il trattamento psicoterapeutico. 

Secondo Sherry Turkle (2012), sociologa della scienza al MIT di Boston, la psicoterapia online è una relazione attutita, in cui mancano elementi emotivi e affettivi che si producono solo nell’incontro umano diretto. Questa concezione critica della psicoterapia praticata mediante una connessione Internet si è diffusa in molti ambienti professionali e persiste ancora oggi: tanti psicologi dichiarano di provare una certa diffidenza nei confronti del rapporto terapeutico a distanza e considerano la terapia online una pratica clinica da limitare a interventi psicologici di sostegno o per risolvere specifiche patologie, come per esempio l’agorafobia. Oppure, diversamente, la considerano una forma di terapia da usare in casi particolari per risolvere degli ostacoli pratici (cambiamento di sede di lavoro o di studio dei pazienti, trasferimenti temporanei del terapeuta in altre città o all’estero, malattie invalidanti che durano per tempi prolungati). In sostanza, si potrebbe dire che la psicoterapia online da molti è considerata più come un intervento di sostegno psicologico specifico che utilizza tecniche “solution oriented” e non tanto un trattamento psicologico che adotta metodiche “problem focused”.

IL CAMBIAMENTO DI SETTING

Il motivo principale della diffidenza verso la terapia online è legato al cambiamento di setting e alla convinzione che il setting terapeutico debba restare una dimensione spazio-temporale ben definita e il più possibile stabile nel tempo, in modo da permettere lo svolgimento approfondito e privo di interferenze esterne della relazione terapeuta-paziente. Nel setting psicoanalitico, in particolare, non devono entrare elementi della vita quotidiana che possono alterare il regime delle proiezioni e del transfert, i quali, se vengono “contaminati” da certi elementi di realtà, non sono più distinguibili da tutto ciò che non rappresenta un agito intenzionale. Secondo vari psicoanalisti, la psicoterapia analitica online non può quindi garantire la neutralità dell’ambiente, per via delle contaminazioni nel rapporto terapeutico derivanti dalla vita reale del paziente (Russell, 2015). 

Con l’avvento della pandemia Covid-19, che ha costretto a più riprese le persone a un periodo prolungato di isolamento sociale e al distanziamento fisico per evitare la diffusione del contagio, l’obbligo della neutralità dell’ambiente e l’intimità dello spazio analitico reso possibile solo dalla presenza fisica sono venuti meno e molti psicoterapeuti sono stati costretti a passare dalla tradizionale terapia vis à vis alla pratica psicologica a distanza mediata da un computer.

Coloro che si sono trovati più in difficoltà sono stati proprio gli psicoanalisti che si ispirano al metodo classico, abituati, appunto, a considerare la relazione terapeutica come un incontro umano diretto che avviene in uno spazio condiviso, staccato dal mondo esterno e impregnato di emozioni. Per la psicoanalisi classica la relazione terapeutica deve svolgersi in un contesto interpersonale ove sia sempre possibile cogliere gli aspetti non verbali, le varie forme di rêverie e le fantasie inconsce del paziente che oscillano di continuo tra la dimensione onirica e la realtà.

Va riconosciuto, però, che tanti psicoterapeuti e tanti psicoanalisti, non essendo dei nativi digitali, non dispongono di elevate competenze tecniche informatiche per muoversi in maniera disinvolta con questi nuovi strumenti tecnologici. L’appello alla “sacralità” del setting analitico serve spesso per nascondere questo tipo di handicap dell’analista che non dispone di adeguate competenze informatiche e fa fatica a orientarsi nel mondo variegato dei nuovi media. Numerosi psicoanalisti si sono trovati spaesati e hanno finito per demonizzare la pratica online e svalutare come inefficace il tipo di trattamento che si basasse su di una relazione virtuale, anche se in realtà non avevano elementi oggettivi per criticarla (Russell, 2015). La Russell, richiamandosi a Todd Essig, sostiene che la terapia online, che avviene nell’ambiente reale del paziente, non permette di offrire un ambiente capace di contenimento e di elaborazione della relazione di attaccamento, delle angosce e della rabbia relative alla separazione dall’analista quando si fa assente.

Bisogna dire, per contro, che se si va a vedere come funziona veramente una psicoterapia online, si scopre che avviene in un ambiente assai più stabile di quello che si è abituati a pensare.
Lo psicoterapeuta è quasi sempre nel suo studio, seduto alla scrivania con il suo computer o notebook portatile davanti, dietro di sé ha uno sfondo-immagine che è quasi sempre lo stesso. Il paziente può variare maggiormente la sua posizione, ma anche lui in realtà lo fa molto di rado e solo quando è proprio necessario. Anche nella terapia online il setting è potenzialmente uno spazio condiviso in cui è possibile concentrarsi sulla relazione e offrire al paziente, quando è necessario, quell’ambiente «sufficientemente buono» a cui fa riferimento la Russell con il concetto di «holding mother» di Winnicott oppure con quello di «base sicura» di Bowlby e della teoria dell’attaccamento.

ASPETTI MANCANTI NEL SETTING ONLINE

1. La fisicità delle persone, le sfumature espressive vengono appiattite dallo schermo.

2. La mimica e il linguaggio corporeo, le percezioni sensoriali del paziente possono andare perduti o non essere riconoscibili; il focus si concentra sul viso, che è incorniciato da uno sfondo. 

3. Manca l’ambiente protetto, il contenitore affettivo dove sviluppare fantasie e relazione di transfert e tornare a vivere momenti di regressione che riportano il paziente a stadi precoci dell’infanzia. Secondo la psicoanalisi classica, tutto ciò è possibile solo se si mantiene un rapporto fisico e se si ha un contatto umano diretto.

4. Nella relazione mediata dal mezzo tecnico si possono perdere aspetti importanti del linguaggio corporeo e non verbale che aiutano il terapeuta nell’ascolto emotivo del paziente e nel riconoscimento dei suoi stati d’animo.

LA RIVALUTAZIONE DELLA PSICOTERAPIA ONLINE

Con il tempo le cose sono cambiate: sono bastati pochi mesi di pratica terapeutica a distanza, nel bel mezzo della pandemia Covid-19, per avviare un ampio dibattito su questo metodo e sulle modalità tecniche da adottare per adeguarsi alla nuova situazione, che sembrava piacere più ai pazienti – molti dei quali dichiaravano di sentirsi a loro agio – che agli psicoterapeuti – molti dei quali pensavano, diversamente, di perdere sempre qualcosa di importante rispetto a quello che potevano ottenere con il metodo tradizionale. La psicoterapia online oggi è diventata un metodo terapeutico che occupa in maniera sempre più rilevante lo scenario complessivo della professione dello psicologo

I sostenitori delle pratiche psicologiche a distanza ritengono che nella terapia online non conti la forma esteriore che la relazione assume, ma piuttosto il significato dell’esperienza che si vive, e questo dipende più dalle persone e dalle loro capacità che dai mezzi tecnici utilizzati. Inoltre, se ci riflettiamo un momento, dobbiamo riconoscere che la tecnologia è entrata già da parecchio tempo a far parte della relazione con il paziente. Basti pensare all’uso sistematico che il paziente fa della messaggistica istantanea per segnalare cambiamenti di orario, imprevisti che impediscono di rispettare la seduta fissata, a cui il terapeuta risponde utilizzando lo stesso tipo di strumento tecnologico. Il problema di appoggiare od osteggiare con forza la nuova metodica può essere riformulato riconoscendo la sua differenza dal metodo tradizionale, ma anche la sua validità come pratica clinica.

Il setting, pur se differente da quello che caratterizza una relazione che avviene in un luogo fisico, resta affettivo e contenitivo anche online, dato che ciò non dipende tanto dall’ambiente fisico. Gli oggetti d’arredamento, compreso il lettino, quando è previsto, in realtà non qualificano più di tanto la relazione psicoterapeuta-paziente, che dipende più dalla capacità dei due di entrare in sintonia. Quello della intoccabilità del setting analitico è un mito creato dagli analisti che si ispirano alla tradizione culturale della psicoanalisi classica. Secondo lo psicoanalista Paolo Migone (2003), schierarsi pro o contro la psicoterapia online non ha alcun senso, dimostra piuttosto che alcuni psicoterapeuti non hanno ben chiaro quello che fanno e quello che potrebbero fare di diverso se non fossero prevenuti.

PROVE DI EFFICACIA DELLA PSICOTERAPIA ONLINE

Da pratica terapeutica svalutata o limitata a situazioni specifiche, la psicoterapia online è diventata una metodica che sostituisce in molti casi la relazione diretta vis à vis senza togliere valore ed efficacia all’intervento. Uno studio effettuato negli Stati Uniti nel 2010, per esempio, ha messo a confronto l’intervento tradizionale con quello mediato da una webcam su pazienti gravi: si trattava di reduci del Vietnam che soffrivano di sintomi da stress post-traumatico incentrati sulle reazioni violente e rabbiose. I risultati della ricerca hanno dimostrato che non vi erano sostanziali differenze di efficacia tra un metodo e l’altro; entrambi risultavano validi e portavano al superamento dei sintomi o della condizione di disagio iniziale del paziente.

Un altro studio, compiuto nel 2014 dall’Università di Zurigo da B. Wagner et al. (2014), ha analizzato i risultati di 2 differenti terapie (in questo caso, di tipo cognitivo-comportamentale) in 2 gruppi distinti di pazienti (il 53% aveva fatto una psicoterapia online, mentre un altro 50% quella tradizionale di persona). A distanza di 3 mesi, i ricercatori hanno visto che i pazienti del gruppo online avevano mantenuto uno stato di benessere maggiore di quelli dell’altro gruppo e ciò dipendeva dal fatto che essi avevano avuto la possibilità di rivedere i protocolli delle prescrizioni fornite dai loro terapeuti tramite le chat. 

D’altra parte, possiamo notare che pure in Italia, in tempi più recenti, la psicoterapia online sta diventando una pratica terapeutica che si confronta alla pari con le metodiche terapeutiche più consuete e rodate. Anche in ambito psicoanalitico, essa è stata accettata come uno strumento idoneo per fare un lavoro psicologico approfondito sulla personalità del paziente. La psicoterapia online di tipo psicoanalitico, però, per funzionare adeguatamente richiede una revisione della metodologia di intervento e una riflessione sugli aspetti tecnici per cogliere la sua peculiarità e per utilizzarla al meglio. Secondo Emilio Fava e Gruppo Zoe (2016), nulla esclude che Internet possa essere lo scenario di un percorso terapeutico efficace che si basa su pochi ingredienti indispensabili. Diventa dunque necessario costruire una nuova teoria della tecnica e avviare un’attività di formazione per permettere agli psicoterapeuti di muoversi con maggiore disinvoltura nella relazione virtuale a distanza e mediata da un computer.

UNA NUOVA TEORIA DELLA TECNICA

Le domande da porsi davanti alla psicoterapia online sono di questo tipo: 

1. visto che come psicoterapia funziona, come bisogna procedere in modo specifico in questo rapporto virtuale? Quali varianti di approccio bisogna considerare, e come impostare questa tecnica terapeutica per sentirsi a proprio agio e far sentire a suo agio anche il paziente?

2. Quali sono gli accorgimenti preventivi da seguire per procedere con questa tecnica, che non prevede un contatto umano diretto, per renderla efficace al pari di altre metodologie psicoterapeutiche? 

3. Quali sono gli aspetti più rilevanti che caratterizzano questo metodo e lo differenziano dalla psicoterapia analitica tradizionale?

Il CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) ha stabilito per questo tipo di intervento delle linee guida a cui gli psicologi di vari indirizzi teorici e metodologici sono invitati ad attenersi. In particolare è stato ribadito che «l’instaurazione di un rapporto diretto, di persona, è una condizione indispensabile per un eventuale successivo utilizzo di dispositivi di comunicazione distanza». In pratica, si suggerisce di non partire subito con una relazione a distanza, ma di arrivarci dopo aver effettuato degli incontri vis à vis. Queste linee guida di solito sono seguite da chi pratica la terapia online, anche se a volte la distanza fisica può impedire la conoscenza preliminare diretta. Molti psicoanalisti, inoltre, si sono domandati come procedere per rendere la relazione virtuale empatica ed emotivamente coinvolgente.

Nella psicoterapia online bisogna valutare preventivamente:

1. il livello di comfort del paziente e dell’ambiente in cui si trova mentre parla di sé (a casa e in una stanza appartata oppure in macchina e davanti al piccolo schermo del suo smartphone non sono proprio la stessa cosa) e al tempo stesso il livello di comfort del terapeuta, che si deve sentire sufficientemente libero di concentrarsi per parlare al paziente a distanza;

2. la capacità di comprensione e il livello di attenzione che si ottengono durante il colloquio anche in funzione della qualità della trasmissione e della recezione delle immagini audio e video. Il collegamento deve funzionare adeguatamente: per questo motivo è importante effettuare gli aggiornamenti indicati dalla piattaforma che si utilizza e avere una buona connessione Internet;

3. la percezione di sicurezza del paziente rispetto al tipo di strumento e di rapporto mediato che si stanno adottando, in funzione della limitata conoscenza del terapeuta. In questo caso possono essere di aiuto le procedure indicate dalle linee guida del CNOP, come il consenso informato e i dati identificativi professionali del terapeuta e quelli personali del paziente;

4. la capacità di cogliere i segnali particolari che impediscono al paziente di trovarsi a proprio agio e di parlare liberamente e in maniera approfondita di sé; ci si deve ricordare che lo schermo può servire a eludere tutto quanto concerne la relazione emotiva;

5. anche i terapeuti devono saper cogliere i segnali particolari che impediscono loro di sentirsi a proprio agio e di disporre delle risorse necessarie per comprendere il paziente e la sua storia; 

6. una volta stabilito che l’empatia è possibile anche nella relazione a distanza, per praticarla è necessaria però una formazione specifica del terapeuta. Lo psicoterapeuta, per prima cosa, deve spogliarsi dei pregiudizi teorici e ideologici che gli impediscono il cambiamento di prospettiva

L’EMPATIA PER SUPERARE LE LIMITAZIONI DEL RAPPORTO A DISTANZA 

Il problema di fondo che si crea per lo psicoterapeuta o l’analista che affrontano un rapporto mediato da un mezzo tecnico consiste nel cercare di trovare la risposta alla seguente domanda: come faccio a superare tutte le limitazioni sensoriali e di relazione interpersonale che si producono nel rapporto a distanza? La risposta a questo interrogativo ci porta a considerare in maniera differente il campo dell’immaginazione e il simbolismo. L’immagine mentale è la rete sottile che tiene uniti i simboli e che ci orienta quando ci avventuriamo nella dimensione emozionale della vita dell’altro. Nella seduta telematica le immagini che contano non sono quelle dovute alla visione ottica, ma quelle che si producono nella nostra mente in funzione delle rappresentazioni che ci facciamo dell’interazione con il paziente. La vita emotiva è fatta di immaginario e di simbolico, cioè rimanda sia alle immagini di sé costruite in funzione delle matrici di origine famigliare sia alle immagini di noi stessi e degli altri che ci creiamo attraverso un processo creativo di simbolizzazione. 

Nella relazione con il paziente noi ci confrontiamo con le rappresentazioni che si sono generate nell’universo immaginario in funzione dell’interazione con l’ambiente originario e con le immagini che si creano nell’universo simbolico in funzione del processo di alterificazione dall’ambiente delle origini. Con la nostra capacità di mentalizzare l’altro, possiamo arrivare allo stesso grado di vicinanza emotiva che ci consente la relazione diretta. Queste considerazioni ci portano a sostenere che, nella terapia online, per essere efficaci bisogna ricorrere con maggior forza all’immaginazione e al simbolismo.

Del tema del simbolismo si è interessato Jung, il quale nei suoi scritti sosteneva che l’immagine è la rete sottile che tiene uniti i simboli. Il simbolo, per Jung, è corpo vivo, “corpus et anima” e questa dualità può essere colta solo attraverso una profonda immedesimazione nell’altro, cioè attraverso l’empatia, che etimologicamente significa «patire l’altro dentro di sé» (Boella, 2006). Alla fine si tratta di un lavoro di addestramento all’ascolto emotivo, che si pratica giorno per giorno per arrivare a disporre degli strumenti di conoscenza su cui fondare un nuovo modello di teoria della tecnica.

Luciano Di Gregorio è psicologo, psicoterapeuta e gruppoanalista. Ha scritto vari volumi, tra cui Le connessioni pericolose. 


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Boella L. (2006), Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Fava E., Gruppo Zoe (2016), La competenza a curare, Mimesis, Milano.
Freud S. (1914), «Ricordare, ripetere, rielaborare». In Opere (trad. it.), vol. VII, Boringhieri, Torino, 1976.
Jung C. G. (1912-1952), «Simboli della trasformazione». In Opere (trad. it.), vol. V, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.
Migone P. (2003), «La psicoterapia con Internet», Psicoterapia e Scienze Umane, 37 (4), 57-73, online.
Russell G. I. (2015), Psicoanalisi attraverso lo schermo. I limiti delle terapie online (trad. it.), Astrolabio, Roma, 2017.
Turkle S. (2012), Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri (trad. it.), Einaudi, Torino, 2019.
Wagner B., Horn A. B., Maercker A. (2014), «Intervento cognitivo-comportamentale faccia a faccia basato su Internet contro la depressione: uno studio randomizzato controllato di non inferiorità», Journal of
Affective Disorders
, January, 152-154.

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 284 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui