L'anoressia giovanile
Conoscere e trattare con successo una psicopatologia fra le più spaventose
Diversamente dall'impostazione clinica tradizionale, oggi appare sempre più confermato che si cura meglio l'anoressia giovanile intervenendo nel contesto familiare e cercando di smantellare in tempi brevi la sintomatologia, per poi ristabilire le varie dinamiche che le presiedono.
L'anoressia appare un vero e proprio “delitto contro natura”, poiché il rifiuto del cibo sino agli esiti più funesti non può non sembrare un controsenso alla natura delle cose. Così come il fatto che ciò venga perpetrato sulla base dell’idea, inaccettabile per le persone anoressiche (che in prevalenza sono di sesso femminile), di essere grasse, laddove in realtà più perdono peso e più la loro percezione alterata le fa sentire enormi, costringendole a sforzi ulteriori per dimagrire.
Questo paradosso psicofisiologico può solo lasciare atterriti perché cozza con la ragionevolezza, totalmente incapace di spiegare il fenomeno. Esso, per la sua comprensione, richiede semmai l’adozione di una logica ben diversa da quella ordinaria, che sia in grado di contemplare e utilizzare anche paradossi e credenze irrazionali che calzino a quanto può apparire assurdo Non dobbiamo mai sottovalutare che quelle che spesso definiamo “assurde” sono realtà per le quali non abbiamo ancora sviluppato conoscenze e strumenti che ci permettano di comprenderle e gestirle. Come affermava Blaise Pascal, solo quando riusciamo a ritenere ragionevole ciò che dapprima ci appare irragionevole siamo in grado di intervenirvi per cambiarlo, utilizzandone la logica intrinseca invece di ostinarci ad applicarvi la nostra, che gli è estranea.
DALLA SOLUZIONE ALLE CAUSE
All’apparente assurdità del fenomeno contraddittorio “più dimagrisco e più mi vedo grassa”, nello studio dell’anoressia si devono aggiungere altri fattori che la rendono una malattia ancora più sorprendente. Primo fra tutti, il fatto che essa si manifesti soltanto tra chi ha abbondanza di cibo: dove c’è carestia l’anoressia non esiste. La patologia anoressica da sempre la si osserva tra chi può permettersi di rifiutare il cibo, e non a caso nella storia antica le anoressiche sono state principesse e nobildonne o ascete spesso divenute sante; nella storia recente, queste sono attrici, modelle e vip. Potremmo definirla una patologia del lusso e dell’opulenza, inaccessibile agli affamati veri. Ciò, da sempre, ha creato attorno all’anoressia un’aura di nobiltà ed elevatezza di spirito che la rende, come si può rilevare digitando su Internet la sigla “ANA” (contrazione di “ANoressiA”), una sorta di fede religiosa e di stato di grazia da raggiungere e mantenere. La sua desiderabilità è pari alla pericolosità, ma proprio questo concorre a renderla così attraente.
Delle anoressiche si dice che siano più intelligenti e sensibili delle altre ragazze, come pure quasi sempre belle ma torturate dall’ossessione delle equazioni “magrezza = bellezza” e “grasso = bruttezza”. Nella lotta senza tregua per la bellezza, la loro percezione si altera, i loro occhi diventano lenti deformanti e i loro pensieri sono concentrati esclusivamente sulla lotta contro il nemico-cibo.
Negli ultimi decenni questa severa psicopatologia si è diffusa come un virus in tutte le società connotate dal benessere, divenendo la seconda causa di morte giovanile, dietro soltanto agli incidenti stradali. Del resto, è anche l’unica malattia psichica che conduca direttamente alla morte attraverso la propria sintomatologia. L’età di insorgenza, come mette in allarme la Società di Pediatria, si è abbassata pericolosamente, spesso al di sotto della pubertà: nella maggioranza dei casi si presenta intorno ai 12-13 anni, rispetto ai 15 di qualche decennio fa. A ciò va aggiunto che nella casistica più recente si osserva come la grave sintomatologia restrittiva di cibo esploda molto rapidamente, con cali di peso vertiginosi nell’arco di pochi mesi; le sue varianti con vomito autoindotto e over exercising (cioè un’intensificazione dell’attività sportiva per bruciare quante più calorie è possibile) si esasperano in maniera altrettanto veloce e devastante per il corpo e lo stile di vita delle giovani ragazze. La maggioranza di loro, infatti, è costretta ad abbandonare qualunque attività sociale-scolastica, chiudendosi in un isolamento familiare che spesso conduce a un’ulteriore esacerbazione della patologia.
Numerose sono le teorie riguardo alle sue cause e, come troppo spesso accade in ambito psicologico e psichiatrico, a seconda della teoria di riferimento adottata queste cambiano significativamente. C’è chi fa riferimento a “traumi infantili”, chi a “legami di attaccamento disfunzionali”, chi a “dinamiche sistemiche” patogene, chi semplicemente alla carenza di autostima. Non mancano certo le ipotesi organiciste, per le quali anoressici si nascerebbe.
Se, tuttavia, si opta per una visione pragmatica, e dalla ricerca delle cause ci si sposta alla ricerca delle soluzioni, le cose cominciano a farsi più chiare. La Società Australiana e Neozelandese di Psichiatria ha da poco pubblicato le linee-guida per il trattamento dell’anoressia (Hay et al., 2014), frutto delle ricerche sistematiche svolte con criteri internazionali per la misurazione dell’efficacia dei vari approcci terapeutici applicati a tale psicopatologia, mettendo in risalto ciò che nel suo trattamento è funzionale e ciò che non lo è. Siccome sono le soluzioni che funzionano e che sono replicabili a spiegare il meccanismo dei problemi a cui si applicano, le conclusioni tratte dai ricercatori sulle terapie efficaci indicano anche, tramite i bersagli terapeutici su cui queste ultime si focalizzano, cos’è che induce e alimenta la patologia trattata con successo. Ovvero indicano come conoscere il problema mediante la sua soluzione (Nardone e Portelli, 2005).
Anzitutto, per la prima volta in letteratura gli studiosi hanno distinto l’anoressia giovanile, che insorge e si sviluppa dalla più giovane età sino ai 19 anni, dall’anoressia adulta, in nome del fatto che le due forme della medesima patologia richiedono trattamenti terapeutici differenti. Nel primo caso, risulta indicata una psicoterapia che coinvolga direttamente i genitori; nel secondo, invece, risulta più funzionale un processo terapeutico individuale. Questo dato indica la rilevanza della dinamica familiare nel formarsi e nell’evolversi del disturbo anoressico, ma indica anche che poi, nell’evolversi nell’età adulta, il peso delle dinamiche familiari sul suo persistere diminuisce e il soggetto diventa in primis l’“artefice di ciò di cui è vittima”.
LE NUOVE LINEE-GUIDA SUL DISTURBO
Vediamo più in dettaglio quanto emerge dalla ricerca empirica sulla sua terapia valida.
1. La prima linea di trattamento efficace per l’anoressia giovanile è senza ricovero, ossia svolta a livello ambulatoriale, attraverso sedute di psicoterapia che prevedono prescrizioni che la paziente e la sua famiglia devono mettere in atto. Ciò indica l’importanza di trattare il disturbo nel contesto in cui è emerso ed è progredito, al fine di effettuare cambiamenti anche in questo, in aggiunta a quelli da ottenere sulla paziente. Pertanto il trattamento mediante lunghi ricoveri ospedalieri o lunghe permanenze in comunità terapeutiche è controindicato; quando le condizioni fisiche e di salute generale la rendono irrinunciabile, l’ospedalizzazione dovrebbe essere breve e intensiva, focalizzata esclusivamente sullo stato di salute fisica.
2. La terapia è attivamente diretta al cambiamento terapeutico tramite indicazioni concrete relative alla gestione del cibo e alle percezioni alterate vissute dalla giovane, così come la dinamica relazionale familiare dovrà essere riorganizzata responsabilizzando appieno i ruoli genitoriali. La tradizionale idea di lavorare prima sulle “cause”, per poi intervenire sui sintomi, lascia il passo al processo inverso: prima si deve sbloccare la pericolosa sintomatologia, poi si ristrutturano le dinamiche a monte del disturbo. Questo, come si può ben comprendere, è obbligato anche dal reale rischio di vita o da danni irreversibili per la paziente in riferimento al persistere della restrizione alimentare, del vomito autoindotto o dell’exercising eccessivo.
3. Il metodo terapeutico elettivo è una psicoterapia “family based” con strategie dirette e specifiche per gli obiettivi terapeutici impartite sia alla figlia sia ai genitori, che vadano a impattare fin da subito sulla sintomatologia restrittiva e le altre varianti della patologia. Il ruolo dei genitori risulta cruciale soprattutto nelle prime fasi della terapia, perché devono assistere attivamente la figlia nel suo confrontarsi in maniera diretta con il cibo assumendosene la responsabilità senza delegarla ad altri, e perché non devono essere indulgenti con lei nell’intento di ridurle la sofferenza. Uscendo così dal frequente ruolo di “ostaggi complici” del tipico ricatto patologico dell’anoressica: «Se mi vuoi bene, aiutami a non soffrire». Che, tradotto in pratica, significa: «Sii mio alleato nei miei nefasti scopi». Trappola relazionale, questa, nella quale cade la maggioranza dei genitori di soggetti in anoressia giovanile e che rappresenta il primo bersaglio terapeutico di una terapia efficace del disturbo. Ciò evidenzia con chiarezza come la dinamica familiare costituisca una componente essenziale della eziopatogenesi dell’anoressia, anche se non può essere considerata la causa unica, dato che vi sono anche altri influenti fattori patogeni, sociali e individuali, di cui abbiamo parlato sopra, come il “fascino ammaliante” di tale patologia e l’ossessiva tendenza individuale a conseguire il migliore aspetto estetico, finendo per ottenere l’opposto. Non a caso, questi fattori sono trattati nella seconda fase della terapia dell’anoressia giovanile (Nardone e Valteroni, 2017).
4. Le tecniche non specifiche, ovvero non direttamente rivolte al disturbo e alla sua sintomatologia, come le terapie supportive, i gruppi di incontro e i colloqui clinici di tipo esistenziale, risultano scarsamente efficaci; cioè si evidenzia ancora come la terapia che funziona di più si strutturi in tecniche rivolte a sbloccare rapidamente la restrizione alimentare e le altre sintomatologie, quali il vomito autoindotto, l’over exercising o l’alternanza tra abbuffate e digiuni. Ciò sta a indicare che la “tecnica” è fondamentale, mentre la “relazione” non lo è abbastanza, sebbene sia uno strumento indispensabile della terapia. In altri termini, quello che è ritenuto uno dei “fattori comuni terapeutici” di tutte le forme di psicopatologia, ossia la “relazione terapeutica”, in questo caso da solo non può bastare; sono infatti necessarie anche “tecniche specifiche” d’intervento tarate sui cambiamenti concreti da effettuare per sbloccare la rigidità compulsiva del disturbo anoressico.
5. Il predittivo di esito terapeutico positivo è rappresentato dall’aumento di 2 kg di peso nelle prime 4 settimane di trattamento. Se ciò non si realizza, la probabilità che la resistenza al cambiamento terapeutico la vinca è decisamente elevata. Pertanto, le terapie più indicate sono quelle orientate a conseguire cambiamenti in tempi brevi, mentre sono controindicate quelle a lungo termine, che rischiano di divenire complici del mantenimento del disturbo.
6. Gli studi comparati tra le forme di psicoterapia che operano seguendo queste linee-guida nel trattamento dell’anoressia giovanile, fanno emergere la maggior efficacia delle terapie brevi – strategiche – familiari sulle terapie cognitivo-comportamentali, fino a oggi ritenute quelle supportate dal maggior numero di evidenze empiriche. Tuttavia, è bene chiarire che se l’estinzione della sintomatologia anoressica e il recupero del peso corporeo possono essere ottenuti nell’arco di 6-8 mesi, il cambiamento dell’autopercezione svalutante e dell’ossessione della magrezza, e la modificazione dei modelli e degli stili relazionali personali e familiari, richiedono tempi più estesi, tanto da far definire questo tipo di trattamento “psicoterapia breve a lungo termine” (Nardone e Valteroni, 2017).
7. I trattamenti farmacologici non mostrano evidenze terapeutiche significative. Questo indica a sufficienza che il trattamento dell’anoressia dev’essere elettivamente psicologico e fa escludere anche l’ipotesi di cause biologiche del disturbo. Vengono così smentite le frequenti quanto potenti campagne promozionali di farmaci anti-anoressia/bulimia.
8. Quanto fin qui riportato, in virtù del rigore delle ricerche e degli importanti contributi conoscitivi relativi all’anoressia giovanile e al suo trattamento, appare decisamente illuminante e confortante, visto che finora essa era considerata una specie di misterioso morbo di cui non si comprendevano l’origine e le ragioni, né a cui si era in grado di proporre un trattamento efficace. Adesso, invece, si è fatta luce su molti dei suoi aspetti oscuri, e soprattutto appare chiaramente come anche una patologia tanto complessa, sofferta e pericolosa possa essere condotta a guarigione grazie a processi terapeutici rigorosi e replicabili. Con le parole del saggista Emil Cioran diremo che «ogni problema profana un mistero e a sua volta è profanato dalla sua soluzione».
Giorgio Nardone ha fondato con P. Watzlawick il Centro di Terapia Strategica di Arezzo. È internazionalmente riconosciuto sia per la sua creatività che per il suo rigore metodologico
Riferimenti bibliografici
Castelnuovo G., Molinari E., Nardone G., Salvini A. (2013), «La ricerca empirica in psicoterapia». In G. Nardone, A. Salvini, Dizionario internazionale di psicoterapia, Garzanti, Milano.
Hay P., Chinn D., Forbes D., Madden S., Newton R., Sugenor L., Touyz S., Ward W. (2014), «Royal Australian and New Zealand College of Psychiatrists clinical practice guidelines for the treatment of eating disorders», Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 48 (11).
Nardone G., Balbi E. (2015), The logic of therapeutic change, Karnac Publisher, London.
Nardone G., Portelli C. (2005), Knowing through changing: The evolution of brief strategic therapy, Crown House Publishing, Glasgow.
Nardone G., Valteroni E. (2017), L’anoressia giovanile, Ponte alle Grazie, Milano.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 260 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui