Mindfulness a cosa serve?
Nel precedente articolo (QUI) abbiamo spiegato qual è il significato della mindfulness, ovvero l’atto di “porre attenzione in un modo particolare, intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”. Ora che abbiamo approfondito il significato della mindfulness, riusciamo a capire che può servire a ridurre lo stress, gli stati di sofferenza e a migliorare il benessere e la qualità della vita.
Diventare consapevoli di se stessi e di ciò che si percepisce ed essere meno critici e giudicanti, sia verso sé che verso la realtà, permette di controllare e contenere emozioni, sensazioni e pensieri negativi che possono portare alla sofferenza. L’obiettivo della mindfunes non è eliminare ogni pensiero o emozione negativa, ma imparare a vederli per quello che sono, accettando che ci siano, per evitare di perderci in essi o che si stabilizzino quando si presentano. Apprendendo perciò che possono essere osservati senza valutarli, seguirli, combatterli. Inoltre, è possibile imparare a controllare gli automatismi disfunzionali: farsi prendere dall’ansia, reagire con rabbia, lavorare o mangiare troppo, innamorarsi sempre della persona sbagliata o non riuscire a mantenere una relazione perché si compiono sempre gli stessi errori.
Le origini della mindfulness
Come abbiamo accennato, questo stato di mindfulness si raggiunge attraverso la meditazione. Ma perché proprio questa pratica e non un’altra? Perché trae origine dalla meditazione di consapevolezza buddista. La mindfulness è stata introdotta in Occidente alla fine degli anni ’70 da Jon Kabat-Zinn, biologo e professore alla University of Massachussets Medical School, per ridurre lo stress nei malati cronici. Kabat-Zinn, convinto dell’utilità della meditazione nel diminuire le sofferenze e migliorare la qualità della vita delle persone, ideò il programma Mindfulness-Based Stress Reduction (o MBSR, Riduzione dello Stress Basato sulla Consapevolezza), adattando le tecniche di meditazione di consapevolezza buddista, che praticava da tempo, alla medicina e alle esigenze della cultura occidentale, nonché alle necessità dei pazienti ospedalizzati. La mindfulness compare quindi in America spogliata della sua connotazione spirituale e di cammino verso l’illuminazione, tipica del buddismo, e assume un carattere più scientifico e pratico.
Il programma e le pratiche
Il programma originale ideato da Kabt-Zinn è rimasto pressoché inalterato nelle sue diverse applicazioni e prevede 8 incontri di gruppo a cadenza settimanale di circa 2,5 ore ciascuno e una giornata “intensiva” di 8 ore. In ogni incontro si alternano momenti di pratica, in cui si insegnano e sperimentano le tecniche di meditazione, ad altri di condivisione di quanto sperimentato. Le tecniche, di solito, sono svolte da seduti, preferibilmente a chiusi, si procede con il prestare attenzione al corpo, alle sensazioni e, infine, alle emozioni. All’inizio l’attenzione è rivolta alla respirazione e ai movimenti compiuti durante inspirazioni ed espirazioni, così da imparare ad avere consapevolezza del proprio respiro. Poi si possono utilizzare tecniche come la scansione corporea, che consiste nel prendere consapevolezza di ogni distretto corporeo, facendo sostare l’attenzione su una singola parte (le mani, i piedi ecc.) per un po’ di tempo. In seguito è possibile ascoltare le sensazioni che vengono percepite (nel contatto con i cuscini su cui sono seduto, con il bracciolo della sedia...) o i pensieri e le emozioni che arrivano alla mente.
Tra un incontro e l’altro, i partecipanti sono invitati a svolgere degli esercizi a casa, alcuni dei quali guidati da tracce audio, e, in entrambe le situazioni, vengono insegnate pratiche formali e informali. Le prime consistono nel meditare in maniera strutturata una volta al giorno, come rimanere concentrati sul respiro per 20 minuti; le seconde non richiedono momenti strutturati, ma possono essere attuate in ogni momento e ovunque, per esempio concentrandosi sui sapori mentre si sta mangiando.
Quindi: cosa è e cosa non è la mindfulness?
- La mindfulness è una tecnica, uno strumento usato per migliorare la qualità della vita. Per alcuni è una “filosofia di vita”, uno stato mentale. Il suo scopo è promuovere il benessere e ridurre ansia e stress, e viene praticata per comprendere meglio se stessi e la realtà circostante nel momento presente e per agire/reagire in modo lucido e consapevole.
- Non è una terapia o una psicoterapia e non ha lo scopo di curare i disturbi, medici o psicologici che siano. Gli specialisti della salute mentale la utilizzano come strumento integrativo, a sostegno del proprio intervento, e per favorire il benessere del paziente.
- Non è una pratica per tutti. Gli esperti della pratica avvertono che, in psicoterapia, non è adatta a tutti i pazienti, in quanto richiede disciplina, tempo e impegno. Con alcuni soggetti predisposti, poi, potrebbe portare a seri effetti collaterali, come sensazioni di scollamento e distacco da se stessi, depersonalizzazione e isolamento sociale.
- Non è una tecnica di rilassamento. La meditazione non punta al rilassamento, ma al raggiungimento di un’attenzione consapevole. Il rilassamento può essere un effetto secondario, tuttavia, cercare di raggiungerlo può essere controproducente poiché non permette di allenare l’attenzione.
- Non è una “tecnica magica” che libera da ogni problema. Come abbiamo visto, l’obiettivo della mindfulness non è eliminare i pensieri o le emozioni negative, ma imparare ad accettarli senza farsi “possedere” da loro. Non è nemmeno una strategia utile in tutte le occasioni: insegna ad affrontare le situazioni della vita in modo consapevole, riducendo l’influenza degli automatismi e delle abitudini disfunzionali.
- Non è una religione o una pratica spirituale. Pur traendo origine dalle tecniche della filosofia buddista, non ha mantenuto i principi del buddismo e non persegue gli stessi obiettivi.
In quali contesti viene utilizzata?
La mindfulness ha trovato un ruolo di rilievo in tutte le discipline psicologiche che si occupano di promozione del benessere e di prevenzione e viene utilizzata in molteplici contesti e ambiti.
- Salute mentale: prevenzione delle ricadute nella depressione e nelle dipendenze, per il supporto negli interventi di ansia, disturbo di panico, disturbi dell’alimentazione, disturbi di personalità, disturbi del sonno, gestione e riduzione dello stress, regolazione emotiva e promozione dell’intelligenza emotiva. In questo ambito, ha avuto grande diffusione soprattutto nel cognitivismo, in cui la Mindfulness Based Cognitive Therapy rappresenta il protocollo più diffuso nei casi di depressione maggiore.
- Ambito educativo ed età evolutiva: promozione della capacità cognitive, sostegno nello sviluppo di competenze prosociali ed emotive, riduzione dei comportamenti impulsivi e miglioramento dell’attenzione nell’ADHD, regolazione dello stress, aumento di autostima e di tolleranza della frustrazione.
- Gravidanza: riduzione di ansia e sintomi depressivi pre- e post-partum, riduzione e gestione dello stress.
- Ambito neurologico: miglioramento del funzionamento esecutivo, delle capacità cognitive e di elaborazione, possibile prevenzione della demenza.
- Ambito medico-clinico: gestione del dolore, controllo dei sintomi, fronteggiamento di malattie croniche o terminali, alterazioni ormonali.
Articolo di Paola A. Sacchetti