Pragmatica della comunicazione digitale
La recente emergenza covid ha accentuato una tendenza già presente: quella di spostare online molte attività e interazioni che tradizionalmente avvenivano dal vivo, generando nuove opportunità ma anche nuovi limiti. Come fare a comunicare con efficacia nel mondo digitale?
Nel suo celebre romanzo Il sole nudo, pubblicato nel 1957, Isaac Asimov immagina una società, sul pianeta Solaria, dove le persone trascorrono l'intera esistenza in completo e assoluto isolamento. Poiché incontrarsi di persona è considerato un tabù, i solariani lavorano, conversano, insegnano, imparano, passeggiano, giocano, e in generale interagiscono, con l’aiuto di una sofisticata tecnologia che permette di proiettare a distanza la loro immagine e il suono della loro voce. Ogni essere umano può così trascorrere tutta la vita senza mai incontrare dal vivo un altro essere umano.
Sessant’anni dopo, la fantascienza è diventata realtà: all'insegna del distanziamento sociale imposto dalla pandemia da coronavirus, anche noi, come i solariani, interagiamo gli uni con gli altri nella privacy delle nostre case, utilizzando sofisticate tecnologie, senza entrare in diretto contatto con altri esseri umani.
I dati parlano chiaro: la pandemia da coronavirus e il relativo lockdown hanno imposto una brusca accelerazione a una tendenza che era già in continuo aumento. Ancora prima dell’emergenza, il 90% degli italiani era connesso a Internet quotidianamente, in media 6 ore al giorno, e quasi l’80% utilizzava uno smartphone (a fronte del 15% nel 2009). Durante il lockdown il numero dei messaggi online è triplicato, il traffico Internet in generale è cresciuto del 40%, quello dei siti di news del 70% e quello sulle piattaforme di streaming video è raddoppiato.
Attraverso lo schermo di un computer o di uno smartphone conversiamo, lavoriamo, andiamo a scuola, ci informiamo, facciamo shopping, partecipiamo a una lezione di yoga o alla riunione condominiale, facciamo una partita a carte, socializziamo. Abbiamo convertito online anche molte attività tradizionalmente svolte dal vivo, come le visite mediche, le sedute psicoterapeutiche, le riunioni aziendali, i colloqui di lavoro, le consulenze, gli incontri di coaching, le attività didattiche e di formazione.
COMUNICARE ATTRAVERSO UNO SCHERMO
«Più elaborati sono i nostri mezzi di comunicazione, meno comunichiamo», notava, già nel secolo scorso, il drammaturgo Joseph B. Priestley, e i meravigliosi progressi della tecnologia della comunicazione, se non ben gestiti, rischiano di portare ad un progressivo deterioramento delle relazioni umane.
Poiché, come recita il celebre assioma della pragmatica della comunicazione umana, «non si può non comunicare», davanti a noi si pongono solo due alternative: gestire efficacemente la nostra comunicazione per ottenere l’obiettivo desiderato, oppure subirla, andando passivamente alla deriva.
Ogni atto comunicativo viene veicolato da tre canali: il canale non verbale, cioè look, abbigliamento, pettinatura, accessori, sorriso, sguardo, espressioni facciali, postura e prossemica; il canale paraverbale, costituito da tono, timbro, volume della voce, pause, ritmo, prosodia; il canale verbale, cioè la scelta delle parole e il contenuto del discorso. Significativamente, la componente non verbale e quella paraverbale veicolano l’80% dell’emotività della comunicazione, e sono anche le componenti che consideriamo più affidabili. Una persona che ci dica «che piacere vederti» a bassa voce, con uno sguardo sfuggente e un'espressione infastidita, risulta ben poco credibile. Quando due canali comunicativi entrano in contraddizione, ci fidiamo istintivamente del canale non verbale e di quello paraverbale, perché il verbale è più facile da falsificare.
Purtroppo, la comunicazione digitale penalizza proprio la componente non verbale. Attraverso lo schermo noi non vediamo tutta la persona, ma solo il suo viso o al massimo il mezzo busto; non possiamo apprezzare appieno il suo sguardo o la sua gestualità; luce, qualità della webcam, dimensione dello schermo e risoluzione dell’immagine condizionano pesantemente ciò che riusciamo a vedere e percepire. L’impatto di questo limite è particolarmente evidente nelle situazioni dove l'emotività è fondamentale, come una relazione di cura, un’attività formativa o una seduta di coaching.
Come adeguare la comunicazione al contesto digitale? Come l'acqua vince su tutto perché si adatta a tutto, il comunicatore strategico deve conoscere i limiti del contesto in cui opera e le condizioni imposte dalla tecnologia per gestirli al meglio e mantenere inalterata la sua capacità persuasoria.
COMUNICAZIONE NON VERBALE
«Non avrai mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione», diceva Oscar Wilde: è quindi importante, all’inizio di ogni incontro, curare al meglio questo aspetto.
Durante i primi 30 secondi di ogni interazione noi formiamo, del tutto inconsapevolmente, una prima impressione del nostro interlocutore che condizionerà tutte le impressioni successive, filtrandole in modo da confermare l’impressione iniziale in un processo di profezia che si autodetermina. Nel contesto telematico, la prima impressione è veicolata, oltre che dal nostro aspetto esteriore, anche dallo sfondo e dal setting: mentre dal vivo, infatti, lo sguardo dell’interlocutore spazierà su tutta la nostra persona e sull’ambiente circostante, davanti a uno schermo la sua attenzione sarà inevitabilmente concentrata solo sul nostro viso (o al massimo il mezzo busto) e sullo sfondo alle nostre spalle. È importante quindi che lo sfondo sia adeguato, come una parete bianca, con eventuali quadri o diplomi nel caso di uno studio professionale, evitando le superfici riflettenti, come finestre o specchi, gli spazi aperti e le porte, da dove potrebbero passare familiari o colleghi, distraendo e comunicando mancanza di privacy. Se possibile andrebbero evitati anche gli sfondi fittizi che la tecnologia mette a disposizione, perché artificiosi, anche se sono comunque preferibili agli sfondi aperti o con i mobili di casa.
La posizione dello schermo o della webcam va curata in modo che la nostra immagine sia ben visibile e centrata e non risulti tagliata, posizionandoci alla giusta distanza in modo da non risultare deformati, con lo sguardo in linea con quello dell’interlocutore; la luce deve essere adeguata, perché chi ci osserva non debba fare fatica, senza essere abbagliante; anche la qualità e la risoluzione delle immagini, che dipendono dalla qualità del mezzo tecnologico impiegato, sono importanti. Look, abbigliamento, pettinatura, barba, trucco, accessori, almeno per la parte visibile, vanno curati come se fossimo dal vivo: se essere comodamente seduti nel salotto di casa propria può giustificare le pantofole, nello schermo dovremo apparire curati e abbigliati in maniera appropriata al contesto e all’occasione.
Lo sguardo, potentissimo nelle interazioni dal vivo, perde molta della sua influenza quando siamo online. È importante mantenere lo sguardo sulla webcam anche quando è particolarmente difficile come, ad esempio, quando proiettiamo filmati o diapositive, e ci troviamo così a parlare con noi stessi e col nostro schermo, senza il minimo contatto visivo con chi ci sta guardando. Nelle interazioni a due, invece, guardare occasionalmente verso l'alto e riportare poi lo sguardo sull’interlocutore veicola interesse e concentrazione; al contrario, guardarci intorno o fissare altre parti della stanza è un potente messaggio di mancanza di interesse e di distrazione e va quindi assolutamente evitato.
Proprio perché lo sguardo perde molto della sua componente interattiva, acquista particolare importanza la mimica facciale. Poiché online il nostro interlocutore è concentrato prevalentemente sul nostro viso, è fondamentale prestare attenzione alla nostra mimica facciale in modo che veicoli i significati che vogliamo trasmettere, evitando di lasciarci sfuggire espressioni che potrebbero compromettere l’efficacia della nostra comunicazione. Anche la postura va curata nell’interazione online, soprattutto quella delle spalle e della testa: occorre evitare sia un’eccessiva rilassatezza, come abbandonarsi completamente sulla poltrona, che un’eccessiva rigidità.
Poiché online buona parte della gestualità viene perduta, vanno particolarmente curati i movimenti delle mani e della testa. I movimenti illustratori delle mani che accompagnano ed enfatizzano il discorso devono essere visibili, facendo però attenzione che non coprano il viso; i movimenti della testa, che devono essere armonici ed accompagnare in maniera fluida la conversazione, sono importantissimi nel contesto telematico, non solo perché spesso la testa è l'unica parte visibile, ma perché sono determinanti nei processi di influenzamento, come ben sanno gli incantatori di serpenti che ipnotizzano il rettile non con il suono del flauto, bensì con i movimenti ritmici del capo associati al costante contatto oculare.
Per quanto riguarda la prossemica, quando vogliamo trasmettere interesse o stiamo per dire qualcosa di importante, occorre inclinare leggermente il viso e il busto verso lo schermo, così come dal vivo ci avvicineremmo al nostro interlocutore, sempre mantenendo flessibilità e armonia nei movimenti.
COMUNICAZIONE PARAVERBALE E VERBALE
«Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono» notava George Bernard Shaw; questo è particolarmente importante online, dove la componente paraverbale e quella verbale devono veicolare buona parte della carica emotiva della comunicazione, sopperendo alle carenze del canale non verbale imposte dal mezzo tecnologico. Tono, ritmo e volume della voce, pause, prosodia e musicalità, dovranno essere armonizzati con i movimenti del corpo e con i gesti, e adattati al contenuto del discorso. Se stiamo esprimendo un concetto importante, lo incorniceremo tra una piccola pausa prima, per creare anticipazione, e una piccola pausa al termine che crea un “effetto eco”; le parole dovranno essere ben scandite, il volume della voce leggermente aumentato. Se invece vogliamo mettere a suo agio la persona che ci ascolta, dovremo rallentare l’eloquio e abbassare il volume della voce. L’attenzione al paraverbale, sempre importante, diventa fondamentale quando la comunicazione e la relazione sono cariche di emotività, come in una seduta di psicoterapia o in una visita medica. La semplice frase «stia tranquillo, lei non ha nulla» può assumere significati profondamente diversi alle orecchie del paziente: se espressa con un tono caldo ed empatico, sarà rassicurante, se pronunciata in modo sbrigativo e distratto, risulterà irritante e squalificante. Una prescrizione, medica o psicoterapeutica, avrà maggiore o minore efficacia a seconda di come è stata pronunciata: se formulata troppo rapidamente, con tono distaccato o senza la giusta enfasi, rischia di non venire compresa o seguita, compromettendo così il buon esito della terapia.
Se, con le parole di Karl Popper, «è impossibile parlare in modo tale da non essere fraintesi», è opportuno ricordare che quando comunichiamo online, rispetto ad un contesto dal vivo, l’attenzione di chi ascolta cala molto più rapidamente e che sono più probabili i fraintendimenti. In una lezione, conferenza o altra attività formativa, i discenti sono facilmente distratti sia dall’ambiente che li circonda, che sia la casa o il luogo di lavoro, sia dalla fatica di mantenere occhi e attenzione puntati su uno schermo. L’oratore o il formatore, dunque, dovrà catturare immediatamente l’attenzione, iniziando con un enunciato evocativo, come un aforisma, un racconto, un aneddoto, una citazione, oppure proponendo una domanda che stimoli l’interesse del pubblico o degli interlocutori. Una volta catturata, l’attenzione va mantenuta alta con un’interazione costante, punteggiando l’esposizione con domande o sollevando dubbi, evitando prolungate esposizioni frontali, guidando così gli allievi in un vero e proprio viaggio di scoperta.
Per ridurre al minimo i fraintendimenti, sia legati alla tecnologia, come i problemi di connessione, sia dovuti al calo dell’attenzione e all’impoverimento del canale non verbale, è utile la ridondanza, cioè proporre lo stesso concetto più volte, con schemi comunicativi differenti, associando ad esempio a una spiegazione una storia, una metafora, un’analogia o un aneddoto. La ridondanza è molto più efficace della semplice ripetizione, nella quale un concetto viene ripetuto nello stesso modo e con gli stessi codici linguistici. Ridondare cattura l’attenzione, suscita interesse, favorisce la comprensione, la memorizzazione, l’apprendimento e il cambiamento.
Nella scelta delle parole, inoltre, è fondamentale utilizzare sapientemente un linguaggio evocativo, da alternare al linguaggio indicativo e razionale a cui siamo abituati. Il linguaggio evocativo parla per immagini, è immediatamente comprensibile ed efficace, arriva diritto alle componenti più arcaiche del nostro cervello. Evocare sensazioni ha un potente effetto performativo, cioè induce ad agire, nella direzione proposta da chi comunica. Il celebre aforisma evocativo di Fernando Pessoa, «porto addosso tutte le ferite delle battaglie che ho evitato», fa sentire in maniera potente ed immediata a colui che evita e rinuncia come siano proprio le rinunce a causare la sua profonda sofferenza, fornendo così una forte spinta verso il cambiamento.
Fanno parte del linguaggio evocativo immagini, aforismi, metafore, storie, aneddoti, ristrutturazioni. Abbinando alle argomentazioni logiche una comunicazione performativa ed evocativa, il bravo comunicatore parla contemporaneamente alla parte cognitiva e a quella emotiva del cervello. Con le parole del grande persuasore Blaise Pascal: «prima di convincere l’intelletto bisogna toccare e predisporre il cuore».
COSA DIRE E COME DIRLO
Un grande esperto di tecnologia digitale, Bill Gates, nota che «il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione. Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo». Siamo contemporaneamente attori e spettatori di un cambiamento epocale nella società e nel mondo della comunicazione, incentivato dalla pandemia da coronavirus e dalle limitazioni che essa impone. Dobbiamo essere consapevoli di questa sfida, raccoglierla e trasformarla in un’opportunità di miglioramento, adattando non solo la tecnologia, ma anche e soprattutto il nostro modo di comunicare, perché, con le parole del grande scienziato Albert Einstein, «vivere è come andare in bicicletta. Se vuoi mantenere l’equilibrio devi continuare a muoverti».
Stefano Bartoli è direttore operativo del Centro di Terapia Strategica e personal manager di Giorgio Nardone, con il quale ha scritto Oltre sé stessi. Scienza e arte della performance (Ponte alle Grazie, 2019).
Simona Milanese, medico e psicoterapeuta, ricercatrice associata e formatrice del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, è specialista in psicoterapia breve strategica, oncologia e medicina interna.
Bibliografia
Nardone G., Bartoli S., Milanese S. (2021), Pragmatica della comunicazione digitale. Agire con efficacia online, Ponte alle Grazie, Milano.
Nardone G. (2015), La nobile arte della persuasione. La magia delle parole e dei gesti, Ponte alle Grazie, Milano.
Watzlawick P., Beavin J. H., Jackson D. D. (1967), Pragmatica della comunicazione umana (trad. it.), Astrolabio, Roma, 1971.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 285 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui