Prevenire le violenze sui piccoli
Contro le violenze su bambini dell’asilo nido o della scuola materna di cui ogni tanto si ha notizia, qualcuno propone la soluzione di telecamere sempre accese sull’operato delle insegnanti. È una buona idea?
Nell’ultimo anno sono stati segnalati più volte dai media episodi di violenze e abusi perpetrati contro bambini, anche molto piccoli, in nidi e scuole dell’infanzia, in varie zone d’Italia, da nord a sud della penisola. Tutto questo avviene in un Paese fortemente carente di servizi per la prima infanzia, nel quale le donne fanno un’enorme fatica nel conciliare il lavoro con la cura dei figli e in cui è radicato il pregiudizio, sotterraneo ma non meno tenace, che le brave mamme debbano stare a casa ad occuparsi da sole dei propri figli senza affidarli ad estranei. Queste vicende, di conseguenza, allarmano moltissimo i genitori e contribuiscono ad aggravare ulteriormente le ansie e i sensi di colpa delle madri.
Di fronte a questi fatti, molti invocano l’uso generalizzato delle telecamere nelle strutture per l’infanzia. Oltre che di difficile realizzazione, la proposta è la spia di un atteggiamento superficiale e ansioso che affida al controllo tecnologico la soluzione di ogni problema, senza interrogarsi sulle cause e le soluzioni capaci di prevenirlo. La proposta mostra quanto molti genitori siano ben lontani dal comprendere che cosa sia il reale benessere di un bambino al nido o alla scuola dell’infanzia. Non basta certo l’assenza di comportamenti violenti da parte degli adulti per fare di questi luoghi delle situazioni positive, utili per lo sviluppo presente e futuro del bambino.
Si ha una concezione davvero superficiale della vita dei nidi e delle scuole infantili, così come del ruolo degli educatori che in essi operano, se si pensa che bastino una telecamera e la paura di essere osservati per prevenire e risolvere ogni problema di relazione. Oltre che superficiale, l’atteggiamento è ansioso, perché con questa soluzione viene posta in primo piano la preoccupazione dei genitori, placata dalla illusoria sensazione di tenere sempre sotto controllo, attraverso una telecamera, ciò che avviene in loro assenza. I problemi reali di crescita e di benessere dei bambini, così come le eventuali difficoltà di relazione con gli adulti restano in realtà in ombra.
Gli episodi di violenza non sono che l’espressione estrema e del tutto ingiustificata dell’incapacità di alcuni educatori dell’infanzia a svolgere il loro lavoro con i piccoli. Poiché da alcuni anni è richiesta, almeno per alcune figure professionali, un’istruzione universitaria, è ragionevole chiedersi se questa sia realizzata in modo adeguato, con attenzione non solo alla teoria, ma anche alle concrete situazioni organizzative e in particolare alla gestione dei momenti di difficoltà e conflitto che si possono instaurare nella vita quotidiana. Le conoscenze teoriche, psicologiche e pedagogiche, pur indispensabili, da sole non bastano; occorre anche sapere come mettere in pratica certi principi nella quotidianità della vita di tutti i giorni. Inoltre, la formazione di base dovrebbe anche essere in grado di selezionare chi non è adatto a lavorare con i piccoli: perché troppo impaziente, troppo centrato su di sé, troppo esigente, troppo teorico.
Occorre però essere consapevoli che, per quanto ben realizzata, la formazione di base non è da sola sufficiente. A una valutazione superficiale, il lavoro con i bambini piccoli può apparire particolarmente gratificante: i bimbi crescono, fanno ogni giorno dei progressi, stupiscono con le loro osservazioni e domande, rallegrano con i loro sorrisi, suscitano tenerezza con la loro ingenuità. In realtà si tratta di un lavoro difficile, che nella quotidianità può diventare logorante. Esso richiede particolare disponibilità e capacità di entrare in rapporto con un essere molto diverso non solo dall’adulto, ma anche dal bambino “teorico” che ci si era immaginati durante la formazione. Con i piccoli, i momenti di difficoltà possono essere numerosi: i bambini spesso non sono disponibili a fare ciò che viene loro richiesto dalla vita in comunità, hanno reazioni aggressive, litigano con i compagni, fanno i capricci, rifiutano il cibo, non vogliono dormire. Questi comportamenti possono suscitare nell’educatore un senso di frustrazione e fallimento, con conseguenti reazioni emotive di irritazione e rabbia oppure di tristezza e depressione. Anche l’educatore più formato e meglio disposto rischia, in alcuni momenti, di reagire con emozioni negative. Che cosa fare, allora, per prevenire comportamenti inadeguati? La strada più fruttuosa è quella della formazione permanente attraverso momenti programmati e regolari di supervisione. Si tratta di inserire nella pratica abituale della vita del nido e della scuola dell’infanzia momenti nei quali gli educatori, con la guida di un esperto psicopedagogico, valutano l’organizzazione che si sono dati, ne discutono i vantaggi e gli svantaggi nella quotidianità della vita, e prendono in esame le tensioni, le situazioni problematiche, le difficoltà di gestione dei momenti o dei casi difficili. Possono essere così valutati dal gruppo degli educatori gli episodi della vita quotidiana, da quelli più evidenti, come le aggressioni tra i bambini, a quelli meno visibili ma potenzialmente dannosi, come le reazioni di ritiro e i comportamenti regressivi. In tal modo viene favorita l’osservazione dei bambini, così come degli adulti, con un atteggiamento di ascolto attento e partecipe. Ciò consente di instaurare un clima positivo, lontano da accuse e dalla ricerca di capri espiatori, in cui eventuali comportamenti sbagliati possano essere corretti. Ogni educatore può di conseguenza imparare a riconoscere, senza negarle, le proprie emozioni negative, condizione indispensabile per non esserne travolti, per saper poi trovare soluzioni condivise anche negli inevitabili momenti di conflitto.
La vita di ogni giorno in un nido e in una scuola dell’infanzia non è uno spot pubblicitario dove tutti vivono spensierati e felici. È una vita reale, dove tutti – educatori e bambini – devono imparare ad affrontare le difficoltà e a superarle in modo costruttivo. I genitori, per primi, dovrebbero esserne consapevoli e informarsi, quando scelgono una scuola per i loro figli, se essa prevede momenti di supervisione per gli educatori. Un buon nido e una buona scuola dell’infanzia sono tali non tanto per la ricchezza dei beni materiali di cui dispongono (arredi, attrezzature, giochi), ma soprattutto per la qualità delle relazioni umane che riescono a garantire. In una società consumistica, che tende a dare peso soprattutto alle cose materiali, questo non va mai dimenticato.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 264 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui