Prima chi, poi cosa

Un requisito indispensabile per conseguire gli obiettivi imprenditoriali che ci poniamo è scegliersi partner e collaboratori con i quali vi sia una condivisione di valori.

prima-chi-poi.jpg

Era il 2002, la mia attività era cresciuta e contava ormai una cinquantina di collaboratori. Fui incaricato di tenere un corso sulle vendite presso un’azienda di rubinetti della Valsesia. Lì incontrai Eusebio, che mi spiegò come, di lì a poco, avrebbe tenuto un’importante convention. Il mio scopo sarebbe stato quello di aiutare i suoi venditori a diventare più efficaci nelle vendite, il tutto inserito in un contesto particolare: avremmo dovuto, sì, insegnare alle persone a vendere, ma, più in particolare, avremmo dovuto far provar loro un’emozione!

Prima chi, poi cosa

Preparare quella convention fu come occuparsi della regia di un film: ogni aspetto era studiato nei minimi dettagli per quel fine: suscitare una forte emozione in chi vi partecipava. Eusebio mi spiegò che quello che fa sì che una persona cambi idea o progetto non sono le argomentazioni logiche, ma le emozioni che prova. «La logica – mi disse – fa pensare le persone, ma sono le emozioni a farle agire». Anche se è vero che potrebbe affermare il contrario, un cliente non compra perché il venditore gli illustra sul piano argomentativo i motivi per cui il suo prodotto è il migliore. Il cliente compra perché il venditore è in grado di fargli provare un’emozione. E lo stesso accade quando una persona cambia azienda, partner, città o percorso di vita.

Quando baciamo una persona per la prima volta, poco prima che quel bacio avvenga non ci sono discussioni logiche, ma si sente un’emozione palpabile. Probabilmente se lo analizzassimo solo con la logica, quel bacio non dovrebbe mai accadere, ma l’emozione batte sempre la logica. Allo stesso modo, tante volte tutti noi sappiamo che cosa dovremmo fare di diverso nelle nostre vite – ci pensiamo tutti i giorni –, ma è solo quando scocca la scintilla di un’emozione che decidiamo di mettere in atto il vero cambiamento.

Un leader, se analizzato sotto quell’aspetto, non è solo, dunque, un abile dirigente, ma è innanzitutto qualcuno che è in grado di generare emozioni positive nelle persone che incontra. Emozioni che scateneranno grandi cambiamenti. Lo fa facendo sognare queste persone, accendendo la loro immaginazione, identificando i veri talenti di ognuno, creando un clima e un ambiente positivi. «I soldi – mi spiegava Eusebio – vanno dove ci sono le emozioni. Dove le persone creano emozioni, lì ci sono i soldi».

Avendo compreso quel concetto, rivoluzionai la mia impresa: per diventare davvero grandi non dovevamo solo vendere consulenza direzionale e formazione di alto livello, ma dovevamo far vivere emozioni straordinarie ai nostri clienti e collaboratori. Quando facevamo le riunioni con i nostri collaboratori, per esempio, non dovevamo limitarci a impartire informazioni, ma anche allestire spettacoli di grande valore. I nostri corsi di gestione del personale non dovevano soltanto insegnare come essere bravi manager, ma dovevano a loro volta configurarsi come un’esperienza emotiva straordinaria, proprio come quando si va ad assistere a un film. Applicando quel principio, oltre ai 6 precedenti, in tre anni diventammo la più grande società di formazione del nostro Paese.

Il leader è una persona che sa crea­re emozioni positive nelle persone intorno a sé e, così facendo, le stimola all’azione e al cambiamento.

Mi trovai catapultato in un successo straordinario: le persone pagavano migliaia di euro per incontrarmi o per avermi come speaker ai loro convegni. Io, però, avevo un’altra grande lacuna, della quale non mi ero accorto: mi ero circondato di persone molto capaci ed ambiziose, straordinarie sotto alcuni aspetti, ma i cui valori spesso erano diversi dai miei. Il mio scopo era quello di aiutare le persone e di contribuire al loro sviluppo; il loro, quello di fare soldi. Finché fummo occupati nella vorticosa crescita non ce ne accorgemmo, ma, man mano che le dimensioni dell’azienda aumentavano, i primi scricchiolii cominciarono a farsi sentire: disaccordi tra di noi, riunioni interminabili, discussioni legate a ciò che si sarebbe dovuto fare, collaboratori che per me erano straordinari mentre per loro no (e viceversa). Le cose precipitarono a tal punto che arrivammo a una dolorosa e pesantissima scissione. Nel 2009 dovetti ricominciare tutto daccapo.

Fu Sandra, la nuova responsabile della nostra rete in franchising, a farmi capire qual era stato il mio errore: associandomi con persone, sì, produttive, ma che non avevano i miei stessi valori, io violavo la regola del “prima chi, poi cosa”. In base a tale regola, il valore di un’idea imprenditoriale dipende principalmente dalla qualità delle persone con cui ti associ. Associandomi con persone che non avevano i miei stessi valori, immancabilmente ponevo le basi per dei problemi futuri. Sono i valori condivisi a tenere uniti i gruppi, a creare quella magia che sa trasformare un semplice luogo di lavoro in un ambiente straordinario. Mancando valori condivisi, invece, pian piano il gruppo cade nei compromessi, nei disaccordi, nelle incomprensioni e ineludibilmente si disgrega. Proprio come era accaduto a noi. Un passaggio fondamentale per diventare leader, pertanto, è sapere ciò in cui credi e non accettare mai, per nessun tipo di compromesso economico, di rinunciare ai principi motivanti che ti spingono ad agire. Proteggendo quella forza, pian piano attirerai a te persone di grande valore e saprai trasformare ogni ambiente in un vivaio di persone di successo.

Paolo Ruggeri, imprenditore di successo a livello internazionale, è autore di numerosi best seller ed è socio fondatore della casa editrice OSM.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 280 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui