Vedersi con occhi diversi
Un po’ come a carnevale, durante un team building ci vediamo con occhi diversi dal quotidiano e ci concediamo dei permessi psicologici che sovvertono ruoli e gerarchie.
I rapporti tra le persone sono soggetti, così come tutto in natura, alla legge dell’entropia. Questa legge dice che se le dinamiche presenti in un gruppo rimangono le stesse nel tempo e non si infonde nuova energia nel sistema, i legami tendono al caos e quindi a deteriorarsi. La ripetizione continua di attività simili e soprattutto di “difficoltà simili” mina lentamente la solidità delle connessioni e indebolisce la coesione di un team. Un po’ come lasciare ferma un’auto a lungo, magari abbandonata per anni in balia dell’alternanza di sole, vento e pioggia: non sarà più la stessa al nostro ritorno.
Questo fatto è evidente per il mondo degli oggetti perché si può toccare con mano la ruggine e constatare il motore che non parte. È invece meno palese per le relazioni poiché, all’apparenza, sembra tutto ok e si pensa di poter lasciare la situazione senza manutenzione e cura, ma sotto, in profondità, soprattutto a livello di sensazioni ed emozioni, nel mondo dei “soggetti” qualcosa non va e diventa opportuno, se non imprescindibile, intervenire.
Vedersi con occhi diversi
Una relazione lavorativa può essere considerata tossica quando si ripete, nelle sue disfunzionalità, uguale nel tempo e continua a produrre effetti nocivi di stress e disagio. È più pericolosa quando rimane in questa dimensione proprio perché “nascosta”, infatti può essere il primo segnale di un conflitto latente. Al contrario, quando procede velocemente verso un’escalation negativa e viziosa, verso uno scontro aperto, è più facile rendersene conto e cercare di riportarla all’interno di una dinamica virtuosa.
Un Team Building spesso rappresenta l’“intervento di manutenzione” più efficace per contrastare l’entropia, avendo come obiettivo principe il miglioramento delle relazioni che via via stanno perdendo forza. Ma cosa avviene in una giornata di Team Building che permette di favorire il raggiungimento di questo scopo?
3 sono i punti chiave.
[1] Si vive un’esperienza ideale. Fuori dalla routine si sperimenta un modo nuovo ed efficace di collaborare, un modo diverso. Proprio tale diversità attiva una vivida consapevolezza dovuta all’osservazione della differenza tra il vissuto ideale e la realtà di tutti i giorni. Se tutto ha funzionato bene a fine giornata, si smuovono considerazioni illuminanti, del tipo: «Abbiamo appena lavorato insieme meglio e collaborato in modo più costruttivo rispetto al solito, con serietà ma senza ansie e tensioni. Perché non portare con noi ciò che di buono è emerso in questa giornata?». Un lavoro molto importante del trainer, a tal proposito, sarà formulare con i partecipanti a fine giornata una connessione tra il vissuto ideale e quello reale, attraverso un piano d’azione semplice, chiaro e fondato su piccoli step.
[2] Si rimescolano le gerarchie. È un momento in cui “si gioca” e per questo le resistenze si abbassano e alcune negatività, spesso generate dalla relazione manager-collaboratore, si dissipano in modo naturale. Ognuno vede l’altro sotto una luce mai vista prima. In qualche modo viene meno la maschera che entrambe le parti indossavano per protezione e rispetto del ruolo. Un po’ come avviene a Carnevale: quel giorno tutto è capovolto e riallineato dall’intento ludico del momento. Il cambiamento, seppur temporaneo, è capace di stravolgere e allo stesso tempo ripianare i ruoli: si vive un’espressione più autentica di sé, più sincera, e allo stesso tempo si vede l’interlocutore più vicino a ciò che è davvero, trasparente e senza condizionamenti. Questo porta numerosi benefici, tra i quali il soddisfacimento di alcuni bisogni, sotterranei ma presenti, di somiglianza e comunanza.
[3] Si danno permessi psicologici agli altri e a sé stessi. Un dato sensibile per verificare quanto un gruppo di lavoro sia efficace, funzionante e collaborativo è quanto ognuno dei suoi componenti concede agli altri una serie di “permessi psicologici”. Tali permessi, durante l’attività di Team Building, vengono magicamente tutti concessi. Questo può rifondare un clima di fiducia e trasparenza e rimettere i partecipanti a proprio agio con l’incertezza: agio che magari, in tante situazioni lavorative, non era stato ancora vissuto o percepito come possibile. Tra i permessi psicologici più noti, liberati e sdoganati dalla sperimentazione ludica, ci sono sicuramente: l’essere in disaccordo, il commettere errori, il fare domande anche stupide, il chiedere aiuto, l’esprimere opinioni liberamente, il sollevare problemi, l’assumersi rischi. La giornata di Team Building regala un momento protetto in cui si riabbraccia l’ambiguità, dove tutti concedono a tutti la possibilità di prendere decisioni in modo agile e non fragile.
Per fare in modo che questi 3 punti possano verificarsi, è importante, nella fase di progettazione, pensare delle attività con obiettivi sfidanti ma di facile raggiungimento: i partecipanti devono sperimentare sé stessi come vincenti, portare a casa momenti di successo la cui scia emozionale possa mantenersi viva nel ritorno alla routine lavorativa.
Se questi 3 punti si realizzano, un Team Building può essere un nuovo inizio, se non a livello strettamente operativo (post-attività si può anche tornare a gestire gli stessi compiti), di sicuro almeno a livello relazionale. È un momento di stop a un processo che si stava allontanando: il punto zero per una ripartenza e un nuovo riavvicinamento.
DAVIDE MONTERMINI è psicologo delle organizzazioni ed esperto del cambiamento. Da oltre dieci anni formatore in ambito soft skills, è alla continua ricerca e sviluppo sul campo di percorsi esperienziali in grado di generare un miglioramento concreto per le persone, i team di cui fanno parte, le prestazioni e il benessere lavorativo.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 282 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui