Wow, sono stressato
Sulla scorta di un curioso esperimento psicologico effettuato negli ultimi anni, merita ricordare sempre di più lo stress come forma di adattamento anziché come veleno per il corpo.
Immagina di prendere parte a un esperimento di psicologia: ti viene detto che si tratta di un test sullo stress, che verrai pagato 25 dollari e che sarai adeguatamente addestrato prima del giorno fatidico.
Così ti inviano per e-mail alcuni articoli scientifici che riguardano proprio lo stress, “la risposta di adattamento all’ambiente” più famosa del mondo e, per molti, la causa principale di numerosi problemi psicofisici.
In questi articoli leggi che la maggior parte dei segnali legati allo stress, come il battito cardiaco accelerato, le mani sudate e la sensazione di agitazione, sono in realtà risposte adattive che ti stanno preparando alla sfida.
Questo materiale ti mostra inoltre come usare una semplice tecnica psicologica di “rivalutazione” che ti consenta per l’appunto di cambiare il tuo modo di vedere lo stress, non più come una risposta negativa del corpo, ma, al contrario, come una sfida che ti renderà più forte.
Poi arriva il giorno dello “stress test”, ti fanno alcune rilevazioni psicofisiche e inizia l’esperimento vero e proprio: per prima cosa, dovrai imparare un breve articolo di giornale e riepilogarlo davanti a due giudici. Questi dovranno valutare la bontà della tua presentazione, peccato però che siano stati addestrati a farti sentire a disagio dando continui segnali, verbali e non verbali, di disapprovazione – il tutto sotto due riflettori in stile “interrogatorio”. Ma il bello deve ancora arrivare.
Dopo averti stressato con la presentazione, cominciano a chiederti piccoli ma complessi compiti di calcolo mentale, ovviamente allo scopo è di umiliarti. Al termine della tortura riprendono alcuni piccoli test, ti danno i tuoi soldi e ti salutano.
Wow, sono stressato
Per quanto possa sembrare assurdo, questo esperimento è stato effettuato davvero, ed è nato dallo sforzo congiunto di più ricercatori di varie università americane. La prova psicologica inflitta serviva per alzare i livelli di stress e valutare gli effetti sull’apparato cardio-circolatorio.
Questo perché da molto sappiamo che lo stress ha effetti negativi proprio sulla circolazione, è in grado di contrarre in modo significativo i vasi sanguigni. Se avessi realmente partecipato a questo esperimento, nella modalità descritta saresti stato tra i fortunati sottoposti al “trattamento sperimentale”.
Sì, perché i partecipanti erano stati suddivisi in 3 gruppi diversi: quello sperimentale, cui veniva insegnata la “rivalutazione”; quello di controllo, cui non veniva detto nulla; un terzo, al quale si chiedeva esplicitamente di ignorare i segnali provenienti dal corpo (gruppo evitamento).
E la “rivalutazione”, il tuo gruppo, ha dimostrato di dare i migliori risultati nel test sorprendendo i ricercatori, che di sicuro si attendevano un effetto, ma non così marcato.
È davvero possibile che il fatto di considerare i segnali dello stress in termini positivi modifichi l’effetto su corpo e mente? Se prendiamo in esame il grande capitolo del “potere dell’aspettativa” (profezia che si autoavvera ed effetto placebo), sicuramente sì.
Quindi, il distress – lo stress negativo – non esiste? No, è ovvio che possono esistere situazioni ambientali in grado di generare “molto stress” e con gravi conseguenze, ma oggi siamo forse troppo inclini a vedere queste risposte psicofisiche come la conseguenza di “qualcosa che non va dentro di noi”.
Oggi sappiamo che le cose non stanno così, perché quelle reazioni avvengono proprio perché il tuo corpo sta fortunatamente reagendo alle sollecitazioni ambientali.
Nello studio condotto da Jeremy P. Jamieson, Matthew K. Nock e Wendy Berry Mendes nel 2011, solo i soggetti che hanno “rivalutato lo stress” hanno avuto dei benefici significativi; gli altri due gruppi, quello di controllo e quello dell’evitamento, hanno avuto risultati simili.
Questi dati non devono farci pensare che lo stress non esista, ma certamente possono aprire una discussione su come comunicare i risultati di tali discipline al grande pubblico.
E iniziare, a partire da noi stessi, a farci vedere queste sollecitazioni moderne non come il “disastro della nostra società”, bensì come sfide continue alle quali tutti i nostri antenati sono stati sottoposti.
Oggi c’è la grande moda di sparare addosso alla tecnologia e dire che è tutta colpa di questi gingilli se siamo stressati – ma è proprio vero? Dagli studi menzionati sembrerebbe che la causa più grande non sia l’ambiente, ma la “narrazione sottostante all’ambiente”, il fatto di credere che ogni sollecitazione che possa portarti leggermente al di fuori della cosiddetta zona di comfort sia negativa.
Di certo non viviamo in una società semplice per la nostra psiche, ma possiamo migliorarla mutando il nostro modo di vedere le sollecitazioni ambientali come risposte di adattamento.
E in effetti Hans Selye, il pioniere nello studio dello stress, aveva nominato questo processo come “sindrome di adattamento” e non come “veleno per il corpo”.
Credo che i primi a dover rivedere questa comunicazione siano proprio i media, che per fare scalpore spingono l’acceleratore sugli aspetti negativi perché hanno maggiore presa sul pubblico. Purtroppo, però, così non hanno solo più presa mediatica, ma preparano anche il nostro organismo a vedere quelle sensazioni legate allo stress come segnali negativi.
La prossima volta che affronti qualcosa di stressante tieni a mente che le sensazioni che provi, sia prima che durante l’evento, non sono altro che naturali manovre psicofisiche svolte dal tuo corpo per migliorare la tua prestazione. Il cuore batte forte per dare maggiore sangue al cervello e ai muscoli, le mani sudano perché c’è un aumento di energia in circolo e la voce all’inizio potrebbe tremare perché si sta adeguando all’uditorio che attende il tuo discorso.
Tutte reazioni naturali che, se rivalutate come forme di preparazione alla sfida e non come segnali di distress, possono aiutare l’organismo a farvi fronte in maniera maggiormente efficace. In tal modo la parola “stress” potrebbe recuperare il proprio significato originario come “risposta di adattamento all’ambiente”, che, oltre ad essere una formula più elegante, ha anche il pregio di renderci maggiormente resilienti.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 269 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui