Nessuna coppia vive solo di se stessa, sganciata dalle relazioni e dai ruoli familiari che ciascuno dei due membri intrattiene al di là del partner.
Antonio e Giovanna chiedono una terapia di coppia per quello che definiscono un problema di «incompatibilità caratteriale». Intorno ai 30 anni e senza figli, entrambi di bell’aspetto e di modi molto educati, appaiono tuttavia come abitanti di galassie diverse e tremendamente lontane. Antonio è pacato, flemmatico e di indole paciosa, lontano dall’esuberanza, a volte anche aggressiva, della moglie Giovanna. Alla seriosità di lui si contrappone, nella conversazione, la verve frizzante e talora sarcastica di lei.
Qual è il loro problema? «Opposti che non si attraggono», confessa Antonio nel corso della prima seduta. Giovanna lamenta l’eccessiva passività ed evanescenza del coniuge, che «è assente anche quando è presente». Come spesso accade, le lamentele di Antonio sono complementari a quelle della consorte, definita invadente e irrispettosa degli spazi altrui: «un carrarmato».
Dunque, due mondi paralleli, destinati a non incontrarsi mai? Eppure, in passato questi mondi si sono incontrati, come raccontato con dovizia di particolari da entrambi.
Giovanna aveva ricevuto un invito per una festa di laurea. Ne era stata sorpresa, sia perché non riceveva spesso inviti sia perché non ricordava di aver scambiato con quel ragazzo più di qualche parola, durante i corsi. Giunta alla festa, organizzata in una grande villa, si era trovata immersa in un'atmosfera sfarzosa, piena di gente che ballava, beveva e festeggiava chiassosamente.
Del suo anfitrione, però, nessuna traccia. Giovanna aveva girovagato per la villa, stanza per stanza, con l’intento di ringraziare il ragazzo per l’inaspettato invito. Alla fine, lo aveva trovato in una stanza del piano superiore, lontano da quella confusione che egli stesso aveva organizzato, intento a leggere un romanzo. «Mi aveva affascinato la sua capacità di estraniarsi da tutto – ammette Giovanna –, di esserci senza esserci». Antonio, dal canto suo, di lei aveva ammirato «la determinazione, quel cercarmi stanza dopo stanza fino a che non mi aveva trovato».
Antonio e Giovanna ci appaiono oggi come due prigionieri di quello stesso incantesimo che li aveva fatti innamorare. Quell’affascinante capacità di estraniarsi che aveva colpito Giovanna anni addietro, oggi diviene ai suoi occhi un’intollerabile evanescenza, così come la determinazione della compagna, che aveva rapito Antonio nel momento del loro incontro, adesso gli appare minacciosa come i cingoli di un Panzer.
Non è infrequente che le coppie vadano in crisi e, talora, si frantumino proprio su quello stesso punto di congiunzione che un tempo le aveva unite, e in effetti questo apparente paradosso non deve sorprendere più di tanto. In ogni aspetto dell’anatomia umana le giunture, i punti in cui parti aventi morfologia e funzioni differenti si saldano, sono proprio i distretti più fragili e soggetti a fratture.
Al tempo stesso, sono proprio le giunture, nella loro precaria flessibilità, a consentirci un rapporto con il mondo. Senza di esse, saremmo rigidi monoliti, incapaci di correre, saltare, afferrare o spingere. Come riconoscere, dunque, e come proteggere queste delicate e meravigliose giunture di coppia?
Una risposta interessante giunge da Mony Elkaïm (1992), per il quale l’incontro di coppia è anche l’incontro di due dimensioni parallele e non sempre conciliabili. Da una parte, il “programma ufficiale” di ciascuno, ossia l’insieme di richieste, desideri e intenti che i partner si “dichiarano” l’un l’altro; dall’altra parte, occultata alla vista di noi stessi e del nostro compagno, giace la “mappa del mondo”, ossia quell’inestricabile coacervo di tacite aspettative che ognuno di noi ha costruito nel corso della propria storia personale.
LE GIUNTURE DI COPPIA
Mentre il primo livello appare primariamente legato alla nostra consapevolezza e intenzionalità, agli aspetti espliciti e riconoscibili della nostra personalità e dei nostri valori, il secondo si caratterizza per una natura più viscerale, legata a emozioni profonde e alle cosiddette “scene nucleari” (Guidano, 1988) che costituiscono il fondamento inconscio della nostra identità.
Può accadere che questi livelli si costituiscano in modo armonico, contribuendo non soltanto a un senso di sé più pieno e “risolto”, ma anche alla costituzione di una coppia in grado di trovare, e rinnovare, il proprio equilibrio.
In molte situazioni di coppia, tuttavia, tale incontro ci appare meno armonico. Il “programma ufficiale” e la “mappa del mondo” divergono, si contraddicono, generando aree di incomprensione e frustrazione spesso del tutto assimilabili a “doppi legami” (Watzlawick et al., 1967) di coppia.
In situazioni del genere, il partner si trova nell’impossibile posizione in cui, per poter rispettare il “programma ufficiale” dell’altro, deve ignorarne o addirittura calpestarne la “mappa del mondo”, con risultati talvolta emotivamente devastanti per entrambi. Si tratta di un vero e proprio generatore di infelicità, poiché entrambi i partner possono sentirsi delusi e traditi senza mai aver avuto neppure l’opportunità di confrontarsi.
Un contributo ulteriore alla comprensione di queste complesse “giunture di coppia” e dei potenziali elementi di sofferenza giunge da Ugazio e Fellin (2016), le quali sottolineano come l’incontro di coppia comporti un’inevitabile “rinegoziazione” dei propri significati e dei propri universi emotivi.
L’incontro fra i partner è la costruzione di un mondo nuovo, che però non può prescindere dalle dimensioni di significato salienti che ciascuno ha maturato nel corso del proprio cammino personale. La posizione che ognuno di noi ha occupato come membro della sua famiglia d’origine diviene cardine nella costruzione del Sé di coppia. In tal senso, la coppia si pone potenzialmente come un «episodio enigmatico» (Ugazio, 2012) in cui ciascuno dei partner rappresenta per l’altro un quesito a cui rispondere.
Ancora una volta emerge l’elemento paradossale intrinseco alla relazione di coppia, poiché possiamo risolvere tale quesito solamente usando ciò che abbiamo appreso in precedenza, ma al tempo stesso ciò che sappiamo non è sufficiente. Sembrerebbe, quindi, che incontrare il partner ci ponga di fronte alla sfida, e all’opportunità, di dover cambiare restando noi stessi.
Di seguito, osserveremo insieme alcuni di questi episodi enigmatici, incontri di coppia in cui i significati profondi di ciascun partner si legano, in modo talora estremamente ambivalente, a quelli dell’altro.
COME UN LIBRO DI DOSTOEVSKIJ
Questo elemento enigmatico insito nell'incontro di coppia è magistralmente ritratto da Fëdor Dostoevskij (1879), nell’incontro fra l’impenitente donnaiolo, giocatore d’azzardo e faccendiere Fëdor Pavloviè e la candida Sof’ja Ivanovna, figlia di un diacono rimasta orfana in tenera età. A irretire Fëdor era proprio, nelle parole dell’autore, «la sua aria innocente che aveva un fascino particolare per un lascivo e, fino a quel momento, depravato estimatore solo del tipo più volgare di bellezza femminile. “Quegli occhietti innocenti allora mi tagliarono l’anima come la lama di un rasoio”, raccontava».
Fëdor e Sof’ja rappresentavano l’uno per l’altra un episodio enigmatico, capace di “saldarli” in una giuntura tanto dolorosa quanto indissolubile. Sebbene, infatti, ciascuno costituisse un’inesauribile fonte di frustrazione per l’altro (le crisi isteriche di Sof’ja rendevano difficili e insoddisfacenti i festini e le orge che Fëdor organizzava, con sadica sfacciataggine, nella casa coniugale), i due rimasero insieme fino alla morte di lei, ed ebbero pure due figli.
Le pagine di Dostoevskij ci restituiscono una rappresentazione iconica potentissima del destino di molte coppie, che si attraggono irresistibilmente a causa dell’enigmatica natura delle proprie “mappe del mondo”, ma non riescono (quantomeno non in modo armonico) a rinegoziare i propri significati, diventando ciascuno la nemesi dell’altra.
Appare anche evidente che, se le discordanze a livello di “programma ufficiale” possono essere facilmente riconosciute e, con un po’ di sforzo da parte di entrambi, rinegoziate, il livello tacito delle emozioni profonde e delle “scene nucleari” è il più difficile da districare, ma appare anche il più potente nell’agganciare fra loro i membri di una coppia.
Tuttavia, se a un primo sguardo alcune unioni, come quella di Fëdor e Sof’ja, appaiono inspiegabili “tragedie annunciate”, un ampliamento del nostro campo di osservazione può rivelarci che, parafrasando un vecchio proverbio, non tutte le tragedie vengono per nuocere!
Quando incontriamo Giulia, quarantaquattrenne di buona famiglia in crisi con il marito, ci appare avvolta in una cappa di dignitosa infelicità. Si definisce «una ragazza di parrocchia», molto devota alla famiglia, altruista e profondamente cattolica. Proprio fuori dell’oratorio presso il quale presta da sempre opera di volontariato, Giulia incontra Davide, in quello che si rivelerà un potentissimo incontro fra opposti.
Se, infatti, possiamo ritrovare in Giulia i riflessi della candida Sof’ja di Dostoevskij, Davide non appare dissimile dal dissoluto Fëdor. Anch’egli bevitore, fedifrago e amante del gioco d’azzardo, sembra trarre un crudele piacere nel mettere in imbarazzo la moglie, bestemmiando ad alta voce durante le cene di Natale in famiglia e lasciando ampie e palesi tracce delle proprie malefatte.
Per comprendere l’apparentemente inspiegabile “giuntura” di questa coppia occorre addentrarsi nelle pieghe emotive più profonde di Giulia, nella sua “mappa del mondo”. Pur nella sofferenza che le sue condotte quotidiane le arrecano, Davide rappresenta per lei anche un profondo atto di ribellione e di affermazione di sé. Giulia racconterà con malcelata soddisfazione di tutti gli episodi in cui la sfrontata irriverenza di Davide ha messo in imbarazzo il padre di lei, obbligandolo a frettolose ritirate.
L’unione di Giulia con Davide rappresenta un guanto di sfida a una famiglia che ne ha sempre preteso la docile sottomissione! In questo caso, se il “programma ufficiale” di Giulia è all’insegna dell’altruismo e del sacrificio, nella sua “mappa del mondo” si annida un desiderio di ribellione che soltanto Davide è stato in grado di cogliere e soddisfare.
UN COLPO DI FULMINE
Se alcune coppie sembrano fin dal primo momento incontrarsi su un terreno controverso e densamente colorato di ambiguità (come Fëdor/Davide e Sof’ja/Giulia), altri incontri appaiono, a tutta prima, estremamente ricchi e promettenti. È il caso di Agata e Maurizio, che durante le prime sedute della terapia di coppia descrivono il loro incontro, avvenuto ai tempi delle scuole superiori, come un vero e proprio colpo di fulmine. Maurizio era un giovane proveniente dalla periferia di Milano, spericolato e avventuroso, con una passione per i viaggi, le moto potenti e la lotta. Agata era la maggiore di quattro sorelle e aveva vissuto la propria infanzia e adolescenza in un tranquillo paesino delle campagne brianzole, dedita alla scuola e agli affetti familiari.
Nel vederlo compiere acrobazie in sella alla sua moto, apparentemente incurante delle possibili conseguenze, Agata era rimasta atterrita e affascinata da Maurizio, allo stesso modo in cui ne ammirava, pur in maniera ambivalente, la reputazione di dongiovanni. Maurizio, dal canto suo, era rimasto colpito da quella ragazza dolce, affettuosa e con un profondo senso della famiglia, così diversa dalle ragazze che fino ad allora aveva frequentato.
La coppia descrive gli anni del fidanzamento come «turbolenti e felici». L’entusiasmo di Maurizio e la sua passione per l’avventura erano un balsamo per la monotona stabilità di Agata. Il matrimonio e la nascita del figlio segnano tuttavia un cambiamento. Agata comincia a preoccuparsi per il comportamento avventato di Maurizio: «Mi sentivo gelare per la paura ogni volta che mi raccontava delle sue corse in moto o delle sue arrampicate». Maurizio scambia quel gelo atterrito per indifferenza e risponde con costanti tentativi di impressionare la consorte: paracadutismo, parapendio, qualsiasi cosa possa risvegliare in lei l’antica fascinazione. Il risultato, ovviamente, fu un senso di reciproca estraneità e frustrazione, al culmine del quale la terapia di coppia apparve come l’ultima possibilità.
Questo esempio mostra come a volte la delicata “giuntura” di coppia, pur estremamente funzionale all’inizio, possa essere messa in crisi da un cambiamento nel ciclo vitale individuale o familiare. Quel rivitalizzante senso di avventurosa freschezza che Agata provava da fidanzata nell’assistere alle mirabolanti avventure del compagno, si era tramutato in un insostenibile senso di costante allarme, quando la nascita del figlio l’aveva posta di fronte al ruolo di madre.
SPAZIO E TEMPO DELLA COPPIA
Come abbiamo visto, l'incontro di coppia nasce spesso su dimensioni di significato profonde. Alcune volte, il partner rappresenta un quesito la cui risposta è motore di cambiamento. Altre volte, l’altro rappresenta una possibile risposta a un dilemma personale o familiare. Un altro elemento interessante, ben rappresentato dalle coppie che stiamo incontrando in questo articolo, è dato da quella che potremmo definire la “complessità spazio-temporale” della coppia. Comprendere la coppia e la dinamica di un incontro impone infatti di abbracciare un tempo e uno spazio ben più ampi di quanto ci potremmo aspettare.
Se guardiamo a Davide e Giulia come a un’entità isolata, la loro scelta ci appare inspiegabile e foriera, almeno per Giulia, di affanni e sofferenza: è solo espandendo il nostro sguardo che arriviamo a cogliere quell’intricata geometria familiare che ne giustifica l’esistenza. È solo guardando all’ambivalente relazione di Giulia con la sua famiglia che possiamo cominciare a spiegarci quale filo invisibile leghi assieme persone così diverse.
Analogamente, la crisi di Agata e Maurizio può sembrare un’inspiegabile degenerazione delle capacità di comunicazione e rispetto reciproco. Forte è la tentazione, in questi casi, di attribuire al tempo tale erosione degli affetti. Eppure, se guardiamo al tempo non come a un indistinto scorrere di anni, quanto piuttosto a una trama narrativa che si sviluppa attraverso snodi cruciali, ecco che la transizione da coppia a famiglia offre una chiave di lettura di come i due partner si siano allontanati.
Nessuna coppia, quindi, esiste nel vuoto. L’incontro avviene entro uno spazio complesso, costellato di altre figure significative, la cui presenza, nel campo delle relazioni, orienta e dà significato alle nostre scelte. Analogamente, tale incontro si sviluppa entro un tempo fatto di svolte e momenti critici che possono mutare in modo radicale le condizioni e le premesse dell’incontro stesso.
Al centro di questa complessa geometria, esiste la coppia, il cui unirsi è una collisione di significati, emozioni e valori. La capacità dei partner di mantenere viva la matrice di significati che ha reso quell’incontro unico, tramite rinegoziazioni e rilanci, è da considerarsi probabilmente la principale funzione evolutiva della coppia stessa.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 265 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui