La Chiesa si interroga sulla realtà della famiglia. Forse si arriverà ad una revisione della legge canonica che prevede l’esclusione dalla comunione per i divorziati. Si tratta di un tema che interessa tante persone ed entra nelle dinamiche della vita matrimoniale.
Il matrimonio per la Chiesa cattolica è un sacramento, è indissolubile, e la rottura di questo ordine fondato sul Vangelo non è riparabile. Se viene violato l’uno o l’altro dei comandamenti (per esempio il «non uccidere» oppure «onora il padre e la madre»), tramite la penitenza è possibile riaccostarsi ai sacramenti.
Nel caso del matrimonio no. In effetti all’interno della posizione monolitica di questi ultimi cinquant’anni, a partire dall’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI (1968), qualche voce difforme si è fatta sentire. Alcuni – pochi – biblisti e storici della Chiesa notano che nella prassi del Primo millennio e nel mondo ortodosso orientale (Cereti, 2014), si danno dei percorsi penitenziali per riammettere divorziati e risposati.
Per la Chiesa cattolica, finora, è prevalsa invece una posizione rigorista. In passato esistevano posizioni ancora più rigoriste. Sant’Agostino, per esempio, pensava che le seconde nozze erano lecite nel caso della morte di un coniuge anche se la vedovanza casta veniva considerata migliore; Tertulliano, d’altra parte, proibiva le seconde nozze perché a suo parere l’indissolubilità superava la fine della vita.
LA RELAZIONALITÀ
Il percorso immaginato da Papa Francesco attraverso il Sinodo dei Vescovi (si veda il Box) dovrebbe portare ad una normativa più aperta e realistica. Tuttavia la modifica delle posizioni dogmatiche si rivelerà opera lenta e complessa. La famiglia è definita come l’istituzione sociale derivante dal matrimonio tra un uomo e una donna, dove la sessualità è esercitata per dare vita a dei figli e sarebbe inscritta nell’«ordine naturale» voluto da Dio. Gesù interviene contro il ripudio della donna da parte dell’uomo anche nel caso di “porneia” (“concubinato”), previsto dalla legge ebraica come unica eccezione ammessa. Un ulteriore inciso del Vangelo di Matteo rende lecito il ripudio nel caso di concubinato, ma forse si riferisce a relazioni tra ebrei e non ebrei.
Grande assente in Vaticano è il tema della “relazionalità” e del problematico costruirsi dei rapporti umani, come ben sa chi si occupa di psicologia relazionale e come insegnano le scuole di terapia della famiglia. Nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 troviamo soltanto due brevi passaggi in questo senso. Nell’intervento introduttivo il cardinale ungherese Petererdo ha notato che le relazioni «che si stabiliscono in famiglia sono punto di incrocio tra la dimensione privata e quella sociale». Tuttavia «attraverso i coniugi, il loro concreto aprirsi alla generazione della vita, si fa l’esperienza di un mistero che ci trascende. L’amore che unisce i due coniugi e che diventa principio di nuova vita, è l’amore di Dio». Nel documento conclusivo si parla di «rilevanza della vita affettiva», evidenziando che «la sfida per la Chiesa è di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo affettivo attraverso la promozione del dialogo, della virtù e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio». (...)
Questo articolo è di ed è presente nel numero 251 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui